Month: June 2008

Jardin Zoologico

Questa mattina ci svegliamo al suono di musica sacra… tendiamo l’orecchio: stanno ascoltando la messa. Il primo pensiero è: “stanno studiando le mosse dell’avversario”. Visto che anche noi a testa dura non scherziamo, riproponiamo il programma di ieri: lo zoo.
Allo zoo, Juan chiede di andare sulle giostre che ci sono all’entrata e noi rispondiamo picche: siamo qui per vedere gli animali, quando andremo al parque norte ci saranno le giostre. E così mette subito il muso che riesce a mantenere per tutta la mattina. Mariana invece si gode la visita, ammirando stupita gli animali del giardino.
In sè il giardino zoologico è un po’ triste, ci sono gli animali classici (anche se manca il leone), qualche animale autoctono, in spazi piccoli e poco curati. Forse chi sta meglio sono gli uccelli di cui ci sono tanti esemplari di molte specie differenti.
Ritorno tragico in taxi con Mariana che morde il sedile mentre urla.
Pranzo al centro commerciale e pomeriggio pure. Un pomeriggio fantastico, sembravano altri due bambini. Anche al Crepes & Waffles, luogo che più volte li ha visti mettere a soqquadro il locale e la pazienza dei genitori, si sono comportati benissimo. Hanno colorato, hanno finito tutto il gelato, sono stati seduti… quasi dei piccoli Lord (sì, quasi).
Cena a casa con musica di sottofondo procurata da Juan e dopocena tragico…

(voglio salire sulle giostre, non vedere animali)
Nessuno della famiglia
Il nostro ristorante di fiducia… l’unico che non mette il cartello “chiuso” quando ci avviciniamo. La guardia sulla destra è una di quelle che ci controlla periodicamente.
Il gelato dell’altro ieri.
Un cielo minaccioso… molto minaccioso.
La bella sorride sul balcone… in faccia al cielo minaccioso
Musica e danze.

Tace il telefono

Purtroppo anche oggi il telefono è rimasto muto. In compenso Juan ci ha regalato una giornatina che non dimenticheremo presto. L’idea era quella di andare tutti insieme allo Zoo. Non condividiamo particolarmente questo tipo di intrattenimento a scapito degli animali ingabbiati, ma le risorse di Medellin si stanno rapidamente esaurendo. Purtroppo una serie di rifiuti e di quello che noi ora chiamiamo la “ricerca della rissa” ha dato luogo a due confronti piuttosto pesanti. Al punto che Juan, Ale e, per simpatia, Mariana si sono addormentati dopo pranzo e hanno dormito qualche ora.
Ma perchè parlare sempre di capricci & affini? Parlerò un po’ di Medellin e della gente.
Medellin è una città grande, molto grande. La foto che abbiamo pubblicato mostra una piccola fettina del panorama e non rende l’idea di quanto Medellin sia grande. In mezzo a Medellin c’è un aeroporto. La nostra casa è un palazzo moderno in una zona residenziale. Abbiamo una portineria con tanto di guardia giurata. La breve via privata si affaccia su una strada ripidissima: non c’è nessuna indicazione, ma così ad occhio potrebbe essere sopra al 35%. Le macchine che salgono fanno una fatica bestia.
Da questa strada (alberata) si finisce su una grossa arteria a doppia carreggiata. I marciapiedi sono ampi, delimitati da basse case con numerosissime attività commerciali. Per quello che abbiamo potuto vedere di Medellin, ogni metro lineare di strada è occupato da un qualche negozio, ufficio, officina o altre attività.
Il traffico è caotico, composto da un assortimento variegato e fantasioso di auto, camion, corriere, truck, moto, motorini e carretti a cavallo. Tutti questi mezzi si sorpassano nei modi più azzardati suonandosi reciprocamente e incuranti dei pedoni. Essere un pedone a Medellin può essere moderatamente pericoloso: non ci sono i semafori per i pedoni. Cioè si può attraversare quando è rosso per le macchine, ma nel senso dei camminatori non c’è nessuna indicazione luminosa. Si attraversa quando le macchine sono ferme. Anche gli attraversamenti delle doppie carreggiate (ne avevo già scritto) sono piuttosto laboriosi. Se va bene ci sono due semafori pedonali non sincronizzati che obbligano quindi ad una pausa nel mezzo. Se va male ci sono giri rintorcinati che obbligano a 4 attese.
La gente che abbiamo incontrato è veramente gentile: dalla guardia giurata che ha offerto i lecca-lecca ai bambini (e a noi), al commesso del negozio Speedo che, quando non siamo riusciti a trovare un costume della taglia di Juan, ci ha portato di persona in un altro negozio che poteva averlo (in effetti poi non ce l’aveva, ma questa è un’altra storia).
Quando ringrazi la risposta è “con mucho gusto”. Sarà una formula di rito, una frase fatta, ma è proprio bella e spesso viene detta con tale convinzione che ti fa dubitare che sia un modo di dire.
La temperatura è sempre gradevole, si sta tranquillamente in T-Shirt e pantaloni leggeri. Siamo in montagna e quindi il tempo è variabile. Una giornata splendida si può annuvolare e si può scatenare un temporale intenso, come può rimanere nuvolo tutto il giorno. Di regola i piovaschi sono nel primo pomeriggio e di notte e in generale abbiamo avuto bel tempo.

Luci ed ombre

L’alba è radiosa. Innanzitutto perché non è l’alba, nemmeno le 6:30am, non c’è il grido di “all’ataque!”, ma alle 7:30 Juan si intrufola nella nostra camera e con un sorrisone ci bacia e ci abbraccia tutt’e due. Tendiamo l’orecchio per sentire se sta piovendo… niente. Colazione all together, che non è da poco. Bisticci minori mentre i bimbi fanno il bagno insieme. Probabilmente non è una buona mossa, anche se loro si divertono finisce che si distraggono e si “fastidiano” a vicenda, il bagno dura un’eternità e il povero genitore che dirige si trova più spesso a impartire ordini e separare i litiganti che a una placida sorveglianza.
Questa mattina abbiamo chiamato la referente dell’ente per sentire se c’era qualche novità circa il progresso delle nostre pratiche. Purtroppo non sapeva nulla anche se ormai è una settimana che la richiesta è stata accettata. Abbiamo anche scoperto (con un po’ di scoramento) che dopo la sentenza dovremo comunque aspettare i nuovi certificati di nascita che verranno ri-emessi dal comune dove sono nati (che non è Medellin), prima di partire per Bogotà. Il che significa che è abbastanza probabile che anche settimana prossima saremo qui.
Verso tarda mattinata usciamo per … il centro commerciale (diamogli un nome, visto che non è un’esperienza passeggera: Premium Plaza). L’idea è quella di comprare dei costumi da bagno per Occhio-di-Lince e Alzata-con-Pugno in modo che prima o poi si possa andare in piscina. Lungo la strada Juan si inventa di giocare a calcio prima con un frutto e poi, quando finisce in un giardino privato, con un sasso. E noi a sentirci “genitori di strada” mentre giochiamo a calcio con loro.
Va tutto bene, anche al centro riusciamo abbastanza a controllare l’ansia da acquisto girando per ben tre negozi prima di trovare qualcosa. La sfortuna vuole che il costume c’è solo per Mariana e non per Juan. Muso lungo e piva scattano per il povero Occhio-di-Lince. Però la cosa si ferma lì e con un po’ di coccole, un po’ di rassicurazioni, un po’ di tanta attenzione, la piva passa davanti ad uno spiedino di pollo con patatine fritte.
La seconda esperienza nei negozi di abbigliamento è andata un po’ meglio. Sono sempre spaesati: Mariana che esce dal negozio anziché entrare nel camerino per provarsi il costume; Juan che non spiccica una parola… anche se loro affermano di essere già stati a comprarsi vestiti, noi abbiamo qualche dubbio.
E’ vero che ormai il Premium Plaza è una sorta di seconda casa. Una casa un po’ speciale dove entriamo trascinando un figlio e usciamo di corsa con in braccio l’altro urlante e scalciante (per fortuna non sempre). Però ormai sono tre settimane che a giorni alterni andiamo lì. Eppure ancora non siamo riusciti a visitarlo tutto. Così, dopo pranzo, raccogliamo l’invito di Juan di salire una scala e ci troviamo in una sezione dove non eravamo mai stati. C’è una palestra e un’area giochi!
Sbirciando l’immensa sala giochi, la prima domanda che ci sorge spontanea è: “ma chi ce lo fa fare di andare al Parque Norte? Qui c’è tutto!”. E, in effetti, c’è parecchia roba: videogiochi, il trenino, la nave pirata, gli autoscontri… Nostro figlio è come impazzito, salta a destra e a manca ripetendo ossessivamente: “quiero este!” (voglio questo).
Decidiamo che si può passare un po’ di tempo qui e compriamo la tessera, dicendo che avremmo fatto un gioco per uno.
Mariana inizia con una jeep che va avanti e indietro (stando ben ferma), mentre Juan si lascia gabbolare da uno di quegli aggeggi che con un gancio meccanico pescano in una vasca piena di peluche senza naturalmente riuscire a prendere nulla. Il gioco termina in 10 secondi circa.
Insoddisfatto si butta su un calcetto-hockey dove i due giocatori si devono fronteggiare tirandosi un dischetto che viaggia su una superficie priva di attrito. Peccato che lui si stanca dopo 30 secondi. Così continuiamo a giocare io e Alessandra, cercando di ignorare i vari “mamà, mire!” (mamma guarda!) e “papà, quiero este”. A fatica terminiamo il gioco e i bimbi entrano insieme sul trenino e dopo in una specie di palestra con scivoli, scale, pallestra, trampolino. Mariana esce prima dello scadere del tempo per andare in bagno. Inizia ad essere pomeriggio avanzato e così cerchiamo di comunicare ai nostri figli che faranno l’ultimo gioco e poi torneremo a casa. Purtroppo la comunicazione è oltremodo difficoltosa: devo placcare Juan per impedirgli di andare via mentre parlo e Ale non riesce nemmeno a iniziare a parlare a Mariana perché quando cerca di prenderla in braccio lei inizia la crisi con pianto, sputi e graffi e le tocca portarla fuori.
Juan decide per un videogioco con la moto e Mariana rientra nella palestra.
Purtroppo il concetto di “ultimo” è relativo, così, mentre aspettiamo che Mariana esca dalla palestra Juan continua a ripetermi “quiero otro” (voglio un altro), dopo un po’ mi stufo di questa solfa e inizio a contro-tormentarlo con “ti-ricordi-cosa-ti-avevo-detto-?” Lui un po’ sorride, un po’ cerca di tapparmi la bocca, poi visto che non smetto (sostanzialmente perché non smette lui) si immusonisce.
Finalmente Mariana esce dalla palestra e impiega un tempo infinito per mettersi le scarpe. Visto che comunque prima o poi doccia, cena e allettamento sono da fare (e che prima o poi il Sole si spegnerà) decidiamo di forzare la cosa.
Parte un’altra crisi, anche se ormai abbiamo il fondato sospetto che si tratti di capricci veri e propri, violentissimi perché le nostre braccia (soprattutto quelle di Ale) portano i segni dei graffi, ma comunque di capricci. Non si spiegherebbe altrimenti come mai a un certo punto esclama “voglio il gelato” e la rapidità con cui passano.
Mentre lei fa questa scena, le guardie ci osservano e si avvicinano… sentiamo il fiato del Telefono Azzurro sul collo, ma anche questa volta ci va bene.
Alzata-con-Pugno si calma e riusciamo anche a fare la spesa.
La sera le cose rientrano un po’. Cena parzialmente a parte: Juan si rifiuta di mangiare pollo e patate, mentre Mariana inizia, mette un sacco di sale e poi pianta lì.
Questa sera attuiamo anche il programma che avevamo pensato: tv accesa fino alle 20:30, poi pigiama-denti-pipì e poi si fa più o meno quello che si vuole, possibilmente insieme e alle 21:00 a nanna con un racconto.
Il programma funziona bastantemente: a parte Juan che vuole che gli leggiamo il secondo racconto e, al nostro rifiuto, inizia i capricci. Lasciamo la camera per non vedere scene pietose.
Una bella giornata, ma anche una “giornatina”. Da una parte i nostri figli sembrano più sereni, la mattinata è stata praticamente idilliaca. Dall’altra l’uscita dalla sala giochi, per quanto molto più limitata nel tempo, incide sulla mia oggettività.
Il dialogo con Ale, praticamente continuo, è preziosissimo, sia per rimettere in prospettiva gli eventi, sia per dare delle interpretazioni a quello che succede (a volte lei è … molto “educatrice”, per fortuna), sia per rincuorarci e farci coraggio.
Per oggi niente foto.

3 settimane!

Non si direbbe, ma anche si direbbe che sono ormai tre le settimane di Colombia. Diciamo che adesso il tempo passa con più regolarità, anche per il fatto che in alcuni aspetti della nostra vita è entrata un po’ di routine, non nel senso di che-barba-che-noia-che-barba, ma nel senso “ahhh, questo so come farlo”. Bisogna anche dire che di Medellin non abbiamo visto un granchè, anzi abbiamo visto proprio pochino. Il fatto è che vediamo ancora come molto rischioso tentare una gita fuori porta o qualcosa di “turistico”. Basta un minimo di esperienza nuova, anche se per noi è scontata, che mette in ansia i bambini e l’ansia porta al disorientamento, il disorientamento all’insofferenza, l’insofferenza alle crisi e le crisi al Lato Oscuro della Forza. Quindi è Male.
Siamo ancora in attesa di segnalazioni da parte del tribunale e speriamo di poter andare presto a Bogotà. Certo sono nuovi cambiamenti e nuove fatiche, ma almeno ci avviciniamo un po’ di più a casa e magari ci sono un po’ più di opportunità per i bambini.
Oggi siamo andati ancora (è la quarta volta) al Parque Norte. E anche oggi la giornata è andata bene. Tutt’e due i pargoli si alzano di buon umore, per pochissimo non siamo riusciti a fare la colazione tutti e quattro insieme, ma la cosa si risolve rapidamente. Giochiamo ancora tutti insieme a prenderci, a farci il solletico, e ci prepariamo (ci siamo dimenticati di scrivere che ieri Juan, una volta tornati a casa, si è pulito accuratamente le sue scarpe nuove). E in taxi ci facciamo portare al Parque Norte. La giornata è splendida, un sole vivace risplende sulle nostre epidermidi.
Le giostre, il pranzo, ancora giostre. Verso le 14:30 il cielo si annuvola, si sentono i primi tuoni proprio sopra di noi e si aprono le cataratte del cielo. Piove come se dovesse risolvere il problema della desertificazione in mezz’oretta.
Ci rifugiamo in un chiosco con una cinquantina di persone che hanno avuto la stessa idea. Mentre siamo lì, tentando di riscaldarci pensando al sole della mattinata, Juan… avevamo già scritto che Juan è attentissimo a quello che succede intorno? Che controlla ogni cosa? Che l’abbiamo soprannominato “Occhio di Lince”?… be’ Juan esclama: “un’IGUANA!” e indica nel cespuglio davanti al chiosco, verso un rettile che sarà stato lungo anche più di un metro.
Intoniamo subito la canzoncina “La Iguana e il Perezoso” che dice più o meno che c’era una volta un’iguana che beveva caffè alla ora del te. E l’iguana ci degna di una passerella lemme lemme. Non così lemme da riuscire a recuperare la macchina fotografica sepolta nello zaino. Pazienza.
A proposito di soprannomi: oggi abbiamo deciso che per Mariana il soprannome che più si adatta è Alzata-con-pugno.
Sulla strada del ritorno incontriamo una comparsa vestita da mascotte del parco: una ragazzina con i capelli viola vestita di verde. Mariana è subito rapita da questa apparizione e chiediamo di fare una foto insieme. Rimane talmente colpita che ci ha ripetuto per tutta la sera, cosa è successo, cosa ha fatto lei e cosa ha fatto la mascotte.
Cena trionfale: i genitori si scofanano un piatto di spaghetti con sugo al tonno e pomodoro (le olive non ce le hanno fatte mettere perchè non piacevano loro) e gli avanzi della verdura di ieri, mentre Occhio di Lince e Alzata con Pugno si mangiano due wurstel a testa. Juan ha l’idea di portare la radio in soggiorno cosicché ceniamo con la musica in allegria (ri-aggiungendo le olive visto che la pasta non la volevano più).
Anche il dopocena è particolarmente allegro: loro giocano saltando sul divano (meglio che si sfoghino qui visto che a casa nostra sarà off-limits) e saltandosi addosso, qualche caragnatina più che altro ben recitata, ma si sono divertiti. La musica viene mantenuta anche durante Lazy Town e alla fine vince sulla TV che viene spenta per ballare tutti insieme sulle note di qualche hit locale. La passione cala un po’ quando viene sintonizzata radio Maria di Medellin (e guai a girare).
Purtroppo il momento di andare a dormire è sempre critico per Juan. Ci stiamo lavorando e c’è qualche progresso, ma c’è ancora spazio di miglioramento.
Oggi Juan è stato particolarmente sereno, oggi è probabilmente il giorno in cui più spesso ha cercato Ale (anche per vedere insieme i Power Rangers!) e sul taxi ci ha sorpreso. Solitamente sta dalla parte opposta della vettura, spalmato contro la portiera del lato opposto a quello dove siede Ale. Oggi non solo ha accettato le coccole per tutto il percorso, ma dopo un po’ ha chiesto di cambiare lato venendo trovandosi nel poco spazio tra Ale e la portiera. Ha anche azzardato a sedersi sulle sue gambe rialzandosi subito esclamando “Era un chiste!” (sarebbe a dire uno scherzo).
Merita forse un po’ di spiegazione il perchè queste cose che possono sembrare così normali, siano per noi fonte di sorpresa e gioia. Fin da subito Juan si è tenuto lontano da Ale, sembrava spaventato. Questo è un modo indiretto di raccontarci la sua storia, una storia dove un bimbo ha paura di sua madre, un terrore vero e proprio, una sfiducia profonda. Non sappiamo i dettagli, ma li possiamo facilmente immaginare. La donna che avrebbe dovuto prendersi cura di lui, accudirlo e proteggerlo, l’adulto più importante per la sua vita di bambino è stata la persona che gli ha dato la fregatura più grossa.
Ale adesso è in quel ruolo di mamma per lui. E Juan conosce solo un modo di essere mamma, perchè questa nuova mamma dovrebbe essere diversa? Dovrebbe fare le cose diversamente?
E’ questo il senso del suo tenersi lontano, sottrarsi alle coccole, nascondersi stizzito sotto le lenzuola quando Ale va a dargli il bacio del buon giorno, non rispondere alle sue domande.
Ma, d’altro canto, Juan ci racconta di avere un bisogno fortissimo della mamma: lei è sempre presente in tutto. E’ un personaggio dei Power Rangers (il giallo in alcune serie, l’azzurro in altre), c’è nei progetti, nei disegni. Il disegno del cuoricino per la mamma con dentro scritto “te amo” ci ha fatto sciogliere l’altro ieri.
Non volendo incidere sulle riserve di Kleenex dei nostri lettori cambiamo argomento.
Come parliamo? Avevo già scritto che la lingua in effetti è un problema. Grazie al corso di spagnolo riusciamo a spiccicare qualche parola nell’idioma locale. Il risultato è un miscuglio di italiano e spagnolo che sta provocando rumori sospetti dalle tombe di Cervantes e Dante.
Ad esempio: “Metti il piatto sulla mesa”, “Cosa quieri mangiare?”. Dal canto loro i bambini hanno iniziato a mettere parole sospette nel loro vocabolario. Mariana dice: “cià” (nel senso di “cià, su, dai”). Juan oggi ha detto “me esta fastidiando”.
Se i nonni sentono fischi nelle orecchie, si tranquillizzino, non è l’apparecchio acustico difettoso (hihi), è che uno dei giochi più gettonati è quello di far finta di chiamarli al telefono (noi siamo quelli che ripetiamo di non toccare i tasti).

Ecco la vista che si gode dal nostro balcone al 10° piano.
Parque Norte, quasi meglio della televisione! (sia per i bimbi che per i genitori che si riposano guardandoli ingabbiati in qualche giostra).
CI-BO!!! Dopo essersi sbafata il pranzo di mammà completa con uno spiedino di pollo e patatine! Come si usa dire… che il Signore le conservi la vista!
Questa foto l’ha voluta fare Juan con l’autoscatto. Assicuriamo che la corda che si vede sullo sfondo serve per le tende e non la usiamo per legare i bambini.

2×1

Ieri siamo andati nuovamente al Parque Norte con giostre e affini. Tutto sommato la giornata è andata bene, a parte qualche mugugnetto perchè su alcune attrazioni non possono salire i bambini e la chiusura della giornata dove abbiamo portato di peso una urlante, scalciante, morsicante e graffiante Mariana fino a dentro un taxi. Juan socializza con gli altri bambini, soprattutto spiegando loro cosa devono fare sulle varie giostre, aiuta gli addetti delle giostre chiudendo e aprendo le porte agli altri. Anche se la giornata è stata tutto sommato serena, si vede che questi nostri figli sono stati messi a dura prova dalla vita. Juan è sempre attento a tutto, lo sguardo serio, a tratti corrucciato, indipendente nel muoversi lontano da noi. Mariana persa, anche lei lo sguardo serio serio (sugli autoscontri, insieme, sembravano Bonnie e Clyde), segue il fratello in tutto e per tutto: sia negli spostamenti, sia nelle scelte che siano delle giostre o di cosa mangiare.
Oggi invece abbiamo fatto “l’esperienza dell’acquisto dei vestiti”, conosciuta anche come l’incubo urlante. Ci siamo recati al solito centro commerciale e abbiamo affrontato il tema “scarpe”. Siamo entrati nel Bucaramanga. Lui si è impuntato su un paio di scarpe e a noi è rimasta l’impressione che fosse una non-scelta, cioè che il criterio utilizzato fosse quello del primo paio visto. A nulla è valso il fargli considerare altri modelli, il sottolineare che altre erano simili alle mie o che fossero più belle.
Mariana, per fortuna, è un po’ più facile, o meglio, è un po’ più facile “nei gusti”: Ale ha scelto il modello e ha lasciato a lei la scelta del colore. La difficoltà è stata nel farle mettere le calze. Siamo dovuti ricorrere alla mediazione della commessa che, in spagnolo, le ha spiegato che doveva mettersele.
Juan ha provato le scarpe che ha scelto, ma erano piccoline. Così la commessa ha chiamato un altro negozio della stessa catena e ha mandato un suo collega a prendere il numero più grande. Nostro figlio non ha voluto togliersi le scarpe che aveva, nemmeno facendoglielo spiegare in spagnolo dalla commessa, probabilmente perchè non si fidava che sarebbe arrivato un altro paio.
Una volta sistemate le scarpe siamo usciti dal negozio e il personale del Bucaramanga ha tirato un sospiro di sollievo.
Siamo andati all’Atmosphere per comprare i pantaloni. Sempre con la tattica della scelta tra due, Ale ha fatto scegliere a Mariana un paio di pantaloni. In camerino Mariana ha iniziato a urlare come se la stessero scorticando viva perchè non voleva allacciarsi bene i pantaloni. Anche per questa volta non è arrivato il telefono azzurro.
Juan invece ha usato sempre lo stesso criterio di scelta: il primo. Purtroppo della sua taglia non c’era questo modello. Iniziavano già i mugugni quando la commessa interviene chiedendo se gli piaceva un altro modello e lui, serio serio, compunto, fa cenno di si con la testa.
Se li prova in camerino e poi non se li vuole più togliere. A niente servono le mie esternazioni circa la necessità di toglierli per eliminare il talloncino antitaccheggio. Alla fine ancora una volta, Santa Commessa interviene, fa togliere l’antitaccheggio e li riporta a Juan che anche da qui può uscire con i pantaloni nuovi.
Passato il pranzo, passato un interessante ritorno a casa, dopo aver sistemato la spesa in frigo e armadietti, Ale mi chiede: “dove hai messo i pantaloni di Mariana?” io: “Non ce li avevi tu?”, lei: “No, guarda sono sicura, non li avete presi voi?”
Dopo una rapida, ma esaustiva ricerca, la verità si presenta in tutto il suo fulgore: abbiamo comprato solo i pantaloni di Juan. Meno male che Mariana non li ha ancora cercati.
Questa sera i bambini erano particolarmente sereni, un po’ più… bambini. Abbiamo giocato tutti e quattro, poi Juan, per la prima volta, ha sfogliato l’album di Mariana, quello con le nostre foto che avevamo spedito a febbraio, e ha commentato ogni pagina, un po’ come se stesse leggendo, un po’ come se stesse rielaborando. La nostra riflessione è che stia collegando il passato al presente, che stia facendo i conti con la situazione attuale rispetto a quella della famiglia affidataria, che si stia rendendo conto che adesso ci siamo noi che siamo gli stessi delle foto di quell’album.
Sempre a proposito di prime volte, dopo cena per la prima volta Juan ha preso l’album da colorare che abbiamo portato dall’Italia e si è messo all’opera.
Ci sarebbe anche da raccontare delle telenovelas che i nostri figli ci hanno fatto vedere oggi… noi ridevamo di gusto e Mariana ci diceva di stare zitti (aggiungendo qualche parolaccia, giusto per sottolineare il concetto).
Dopo aver mandato a letto i bimbi c’è il momento dell’abbuffata nervosa, questa sera pane dolce, biscotti al cioccolato e succhino di vaniglia. Dopo un primo momento di calo di peso, stiamo lentamente recuperando.

Jardin Botanique

Oggi siamo stati al giardino botanico. Mi piacerebbe poter scrivere che, dopo giorni di costrizione casa-centro commerciale, i pargoli si siano sfogati a correre, divertendosi una cifra e tornando a casa sfiniti e felici… Invece a casa siamo tornati sfiniti noi dai continui mugugni, musi e ripicche. A proposito di telenovelas: Juan ha guardato nei giorni scorsi diverse novelas, sicuramente le conosce. Certo che, alla lunga, i cartoni hanno preso il sopravvento.
A proposito di televisione: qui si ricevono 3 o 4 canali satellitari che propongono cartoni e telefilm per bambini a ciclo continuo, 24 ore su 24. Quando Juan si mette a guardare la TV, se non sopravviene alcuna forzatura dall’esterno, è capace di andare avanti dalla 6:30 alle 21:30 con brevi pause per correre al tavolo a prendere qualcosa da mangiare e tornarsene davanti alla tv. Per Mariana invece la televisione è piuttosto priva di interesse, a meno che possa essere utilizzata come strumento di provocazione.
Ah che bel quadretto che ho dipinto 🙂 Be’ comunque oggi siamo riusciti, almeno nella mattina, a schiodare JD dallo schermo e questa sera lui è andato a dormire senza troppe storie. Il viaggio di andata in taxi è stato sereno. Questa sera i bambini hanno giocato a nascondino con Ale, con Juan che aveva paura quando non riusciva a trovarla e il dinamico duo che si nascondeva sempre nello stesso armadio.
Parlando dei capricci (perchè tali sono) penso che sia il loro malessere interiore che li scatena. Anche se veniamo messi a dura prova è difficile non riallacciare dopo che la luna si è raddrizzata.
Visti gli umori mettiamo un’unica foto di Juan al giardino botanico che, per inciso, è veramente bello, peccato non essere riusciti a vederlo bene e tutto.

Altre foto e altro

Malgrado le apparenze, Ale non è sulle spalle di Mariana, in compenso Juan è veramente sulle spalle di Ale.
Frappè di fragola, fatto dai bambini (e mangiato da noi perlopiù).
Chi ha fatto questa foto? L’autoscatto, naturalmente

Aggiungo un paio di riflessioni.
La televisione è terribilmente comoda per i genitori: si prendono i figli (almeno quelli interessati), li si piazza davanti allo schermo, il tempo di accendere e rimangono incollati in catalessi lasciando liberi mamma e papà di tirare il fiato, di sistemare la casa e rimediare ai vari danni. E’ l’equivalente moderno del vecchio “box”, quella specie di gabbia imbottita dove si rinchiudevano i pargoli.
Oggi (grazie a una punizione) la televisione è rimasta spenta praticamente tutto il giorno (si è riaccesa alla sera) ed è stata una bella giornata passata tutti e quattro insieme. Ma per questo è stata anche una giornata un po’ più faticosa (più che altro per me, per Ale sono tutte faticose perchè Mariana non è interessata alla tv).
A proposito di punizioni. Non è bello, cioè sarebbe bello riuscire sempre a trovare un modus operandi per cui non ci sia uno scontro con i propri figli, fare in modo che di fronte ad un rifiuto, ad un capriccio, si riesca sempre a *puf* distrarli… in questo senso una punizione al proprio figlio è sempre una sconfitta per il genitore.
Anche gli scambi (se fai questo – che non vuoi – allora puoi fare quest’altro – che ti piace) non mi piacciono molto, suonano un po’ come ricatti, ma probabilmente è un compromesso a cui i genitori devono scendere. Sempre meglio delle punizioni.
Solo due righe sulle regole. Tutte le regole sono nel breve o nel lungo periodo a beneficio dei bambini. Se c’è un traffico caotico con moto e auto che si sfiorano a velocità folli, la regola “tenere tutte le parti del corpo all’interno del taxi” o la regola “non rotolarti per strada” sono a beneficio del bambino nel breve periodo, non si può essere flessibili: o si è genitori responsabili o non lo si è.
Le regole “se sei sporco devi lavarti” vanno nel breve a beneficio di chi ti sta vicino, ma nel lungo periodo sono chiaramente a beneficio del bambino per cui il genitore vuole una vita sana e sociale.
Poi ci sono le regole su cui si può essere flessibili: non vuoi cenare? Amen. Vuoi addormentarti sul balcone anzichè nel tuo letto? Amen. Non vuoi metterti il pigiama per dormire? Amen (te lo metto mentre dormi se ci riesco – qualcuno si divincola e si oppone anche nel sonno).

Ale:La mia piccola selvaggia, così come la chiamo io,sta facendo grandi passi. Oggi, poi, è stata proprio una bella giornata. Non facciamo grandi cose insieme, ma stiamo bene. Ah, oggi pomeriggio abbiamo comprato ai nostri bimbi un paio di occhiali da sole (chiaramente a ciascuno!) che li hanno messi anche durante il tragitto del ritorno che pioveva! Meno male che li abbiamo trovati, perchè per Juan i miei occhiali da sole erano già diventati “suoi”.
Mariana è un po’ selvatica nel suo modo di essere…forse un briciolino ha preso da me 🙂
Non mi disturba affatto dormire per terra (a dire la verità dormirei ovunque) e mi piace stare sotto la pioggia. Ma, almeno fino a quando non saranno concluse tutte le pratiche per l’adozione, vorrei evitare di farle prendere una bronchite…ma poi sì che ci faremo delle belle risate sotto la pioggia (che a lei non fa un baffo!), altro che dire “stai bene sotto l’ombrello…”
Sulla relazione che ci hanno dato c’era scritto che è una bambina socievole, che le piace disegnare ed è dominante nel gioco: mi chiedo, quale gioco, visto che non ne fa? coloricchia e fa qualche disegno, questo è sufficiente per dire che le piace? Sulla socievolezza… in mezzo alla gente è completamente spaesata, se qualcuno le parla, ad esempio la guardia del nostro residence che vede ogni giorno, volta la faccia dall’altra parte senza rispondere… socievolissima! Certo può essere anche che il cambiamento così radicale e anche doloroso abbia mandato in soffitta per un po’ questi aspetti della sua personalità.
Sicuro è che, quando vuole e sta bene, è molto dolce e una macchietta.

Tribunale

La notizia del giorno è arrivata in serata: l’avvocato dell’ente ci ha chiamato per dirci che la pratica è stata accettata dal tribunale e quindi tutti i documenti sono stati controllati e trovati in ordine. Adesso ci sono 10gg di tempo per emettere la sentenza che decreta, una volta per tutte, che siamo una sola famiglia. L’avvocato ci ha detto anche di prepararci perchè questo giudice vorrà vedere tutta la famiglia e di portare torta e coca-cola (ha chiesto proprio così) per una piccola festa.

Ri-Parque Norte

(oggi due aggiornamenti, leggete prima quello sotto). Oggi è la volta del “passo avanti”… per buona parte della giornata. I power rangers ci hanno svegliato (in persona, tutti e cinque, al suono di “Al Attaque!”) alle 7:15. La mattinata è stata tranquilla, abbiamo guardato un po’ le foto degli anni passati: dell’Alpe di Siusi, della Grecia e della Norvegia. Poi, visto che il tempo non peggiorava, abbiamo chiamato il Taxi e siamo andati al Parque Norte, il piccolo parco dei divertimenti che c’è qui a Medellin. Sul Taxi, forse merito anche di un discorsetto preventivo i bambini “angioleggiano” per tutto il tragitto.
Anche al parco le cose sono andate meglio, probabilmente perché per Juan non c’era più l’ansia di vedere e fare tutto della volta scorsa. Si è così potuto godere pienamente tutte le giostre, in particolare gli autoscontri che avrà fatto non meno di una quindicina di volte. Per Mariana invece è sempre un punto di domanda. Sembra spaesata, anche se ha espresso il desiderio di andare su qualche giostra è sempre uno stare, non un agire, un giocare.
Mangiamo al parco (nota: qui la carne è buonissima). E pure il pranzo va alla grande, i piccoli divorano voracemente patatine e wurstel e parte dei nostri piatti di carne. Juan chiede un piatto di pollo extra… subito! E che pure si mangia.
Nel pomeriggio ancora giostre e macchinine. Siamo riusciti a salire insieme sul percorso acquatico nella giungla con ippopotamo (ma forse era un coccodrillo) e elefante (ma forse era un rinoceronte) che spruzzavano acqua (che probabilmente era presa da quella lurida del canale).
Passano le cinque e ci guardiamo intorno desiderosi di un gelato e notiamo che non c’è più nessuno. Dove sono spariti tutti? Pure le giostre sono chiuse… chiediamo ad un omino e scopriamo che il parco chiude 25 minuti fa.
Chiamiamo il fido Raul tassista e ci avviamo all’uscita. Mariana che sembrava parecchio stanca, inizia a impuntarsi: non vuole stare in braccio, ma non vuole nemmeno camminare. A terra si sdraia e si rotola. Ale la trasporta recalcitrante fino al piazzale dove attendiamo il taxi tra gli sguardi incuriositi, allarmati e stupiti di passanti e presenti.
Continua a urlare per tutto il percorso in taxi dietro alle orecchie del povero Raul che con tanta pazienza e sopportazione sorrideva dicendo “non importa”.
All’arrivo a casa Mariana è esausta, non riesce più a piangere. Finalmente arriviamo a casa e finalmente le passa. Ale la prende in braccio e lei la stringe forte.
La cena va alla grande. Tutt’e due sono a tavola e tutt’e due partecipano un po’ al racconto del giorno. Resistono parecchio, finché il richiamo di “Lazy Town” dalla televisione non ci fa rimanere solo io e Ale a guardarci in faccia con la tavola pronta da sparecchiare.
È stato bello vedere oggi Juan più rilassato, meno ansioso. È stato bello vederlo che parlava con gli altri bambini sugli autoscontri, ora spiegando come dovevano muoversi, ora invitando un bambino a salire con lui, ora richiamando l’operatore perché l’automobilina si era fermata.
Questa sera invece delirio. Il momento di andare a dormire è sempre un po’ tragico. Mariana ha trovato un suo rituale che l’aiuta: prende la coperta ed esce con mamà sul balcone ad ascoltare un racconto. Juan invece vorrebbe guardare la televisione ad oltranza. Questa sera sono stato con lui, finito il cartone gli ho chiesto di spegnere la tv e di lavarsi i denti. Ha iniziato a scherzare, a dire “nonnonò”. Ho risposto allo scherzo però ho spento la televisione prima dell’inizio del cartone successivo. Lui si è messo a piangere e a mugugnare. Non ha voluto lavarsi i denti. Continuando a mugugnare. Quando io e Ale ci siamo avvicinati al letto ha iniziato a scalciare (sempre mugugnando). Sempre rifiutandosi di lavarsi i denti voleva, in modo un po’ arrogante, che gli leggessimo un racconto. Noi gli abbiamo detto che se si fosse lavato i denti l’avremmo accontentato (rimangiandoci il nervoso che un comportamento così nei nostri confronti provoca), ma lui ha continuato a mugugnare sempre più forte. L’abbiamo lasciato solo, ma lui ha cominciato a lanciare delle urla con il rischio di far svegliare la sorella.
Che fare? Impossibile condirlo o distrarlo, impossibile comunicare verbalmente. Ale ha avuto l’idea di portare in soggiorno Mariana. Lui si è alzato, ma noi l’abbiamo rimesso a letto, ha scalciato, ha tentato di pestare Ale, si è messo a piangere a dirotto, ma niente, di lavare i denti proprio non se ne parlava. Dopo un po’ l’abbiamo lasciato solo e lui si è addormentato.
Ci sono sicuramente tante cose che concorrono a questo comportamento, ma è come se si volesse auto-punire. Avrebbe potuto avere facilmente racconto e coccole, ma si è auto-escluso da questo “premio”. D’altra parte non è neanche giusto rinforzare questa modalità per interagire con noi o per chiedere le cose che vuole.

Rispondendo a Mery che dice che Davidino guarda Mariana con occhi languidi, mi sento di commentare che non invidio minimamente il pover’uomo che dovrà condividere il tetto con lei.

Ci ritorna giusto in mente, a proposito di Mariana, che ieri ha fatto il gioco della “pecueca” (la puzza dei piedi) con Raul: cercava di fargli sentire l’odore delle sue scarpine (che è tutt’altro che soave).

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Ho visto che diverse persone hanno incontrato delle difficoltà a lasciare un commento. Mi scuso perchè evidentemente non è chiaro e le istruzioni sono in inglese. In sintesi, dopo aver inserito (se si vuole) titolo, nome e indirizzo email, e aver scritto il commento è necessario prima clickare su “Preview”. Se il testo va bene così bisogna copiare il codice colorato che compare sotto al commento (da 4 a 6 lettere e numeri) nella casellina sottostante e premere “Submit”.

Finalmente Juan sul suo agognato carrito
Il dinamico duo
alieni? A volte
Ehi!
Qui potrei fare anche un pisolino, no?
La caramella è buona, ma la carta adesso dove la metto?