Month: June 2008

Integrati

Oggi é stata una giornata bella incasinata, proprio come i nostri figli. Era anche la giornata dell’incontro di verifica dell’inserimento all’ICBF. E questo é stato una delle cause dei problemi. I bambini si svegliano sempre per primi. Piú che altro é Juan che si sveglia verso le 6:30 per vedere i Power Rangers. Ci alziamo assonnati, facciamo colazione e alle 7:30 suona Mission Impossible, cioé la signora delle pulizie ARGH. E adesso?
Questa signora fa le pulizie totali-globali (potrei aggiungere anche “termonucleari” per come ci restituisce la casa) non c’é scampo in alcun locale.
Decidiamo di scendere al parchetto per aspettare la fine delle pulizie. Questo peró sconvolge tutti i rituali dei bimbi, in particolare il bagno viene rimandato!!! Giá scrivevamo di come le ripetizioni, soprattutto per la piccola, sono un potente anti-stress. L’annuncio del cambio di programma viene accolto con un netto rifiuto che si trasforma in pianti da tragedia greca quando noi ci dimostriamo fermi nel proposito di vestirli e portarli giú. Vesto Juan a forza… e di forza ce ne vuole tanta oltre a buoni riflessi e a ingegnarsi su come bloccare mani e gambe che si divincolano cercando di togliere gli indumenti giá messi. La stessa cosa deve fare anche Ale con Mariana, anche se, la piccola ad un certo punto accetta la situazione. Al parchetto Mariana gioca, piú o meno tranquilla, mentre Juan rimane seduto imbronciato cercando ora di togliersi la maglietta ora di farsi male. Pian piano (ma molto piano) gli passa. Verso le 10 risaliamo in casa. L’incontro é alle 14:00, il taxi dovrebbe arrivare alle 13:20, quindi la tabella di marcia é abbastanza serrata.
Juan diventa serio serio e terribilmente preoccupato. A nulla servono le nostre tranquillizzazioni. Verso le 11:00 vuole vestirsi a tutti i costi pronto per l’ICBF.
Salta il pranzo a mezzogiorno e dopo l’ennesimo confronto con pianti e strepiti non ricordo piú per cosa, si addormenta esausto sul divano. Alle 13:20 dobbiamo svegliarlo per andare a prendere il taxi. Rimane silenzioso, teso e corrucciato per tutto il tragitto.
All’ICBF i bambini vengono allontanati e noi, l’interprete e l’assistente sociale ci chiudiamo in una saletta. Seguono un po’ di domande su come é andata da venerdí ad oggi, se vogliamo altro tempo (NO!) o se siamo sicuri e vogliamo fino in fondo questi bambini. CERTO!
L’assistente sociale ci dice anche che i bambini si stanno legando molto a noi: all’incontro di settimana scorsa le hanno riferito che Juan ha passato tutto il tempo fuori con l’orecchio attaccato alla porta preoccupato. Per questi bambini, ogni volta che si entra in uno di questi edifici vuol dire un cambiamento totale di vita… la preoccupazione é piú che comprensibile.
L’assistente sociale é anche soddisfatta dei vari progressi e ci pare un po’ sorpresa che i bimbi non abbiano ancora imparato una parola di italiano.
Juan, che verso la fine dell’incontro riesce a sgattaiolare all’interno, viene sottoposto ad una sorta di interrogatorio in merito. Lui, giustamente intimorito, si rifugia in braccio a me e fa scena muta tranne qualche cenno col capo.
Usciamo e lui é decisamente piú rilassato. Chiediamo all’interprete di spiegare a Juan che prima di andare a Bogotá e poi in Italia ci sono ancora parecchi giorni e soprattutto il perché.
I viaggi in taxi sono molto faticosi per Ale. Di solito lei sta dietro tra le due piccole pesti cercando di fare in modo che Mariana stia seduta e lasci in pace l’autista e che tutt’e due tengano testa e arti vari non fuori dal finestrino. Quando scendiamo al centro commerciale per fare la spesa lei é stanchissima e rabbrividisce all’idea di affrontare i nostri bimbi in gelateria. Andiamo a fare la spesa e cediamo alla richiesta dello yogurth con il pupazzetto cosí facciamo merenda nel corridoio del centro. Purtroppo Juan non ha dimenticato che avevo detto del gelato e inizia un nuovo mugugnamento per buona parte del ritorno a casa.
Per la restante parte invece pretende di essere preso in braccio, ripetutamente, piangendo (e anche pestando i piedi). Capisco che questo é un capriccio a metá: dopo la promessa mancata, dopo i rifiuti di tutte le richieste al supermercato, ha bisogno di un segno d’affetto, ma con una dozzina di kg di zaino, proprio non mi é possibile soddisfare la sua richiesta.
Arrivato a casa si toglie camicia, scarpe e pantaloni in soggiorno e si rifugia nella sua stanza a veder la tv.
Gli dico che quando gli sará passata, deve recuperare i suoi vestiti. Il tempo passa e giustamente Ale mi fa notare che passata o no, adesso sarebbe anche il momento di mettere un po’ in ordine. Vado in cameretta a cercare di convincere il riottoso e dopo una furiosa lotta a colpi di “no” e “spengo la tv” che finisce con il distacco forzato della spina della televisione i pianti di fanno disperati. In poco tempo sono peró ridotti a qualche singhiozzo. Juan si avvicina, prima con la testa, poi con tutto il resto e mi finisce in braccio stringendomi forte.
Malgrado la giornata, riusciamo a cenare tutti insieme quasi serenamente. Come giá ieri riprendiamo la giornata raccontando le cose belle e quelle dove… c’é spazio di miglioramento.
L’interprete, dopo il colloquio, mentre le spiegavamo le nostre difficoltà nel fare osservare la regola di stare a tavola, ci ha spiegato che qui non si usa stare a tavola insieme. Uno arriva, prende da mangiare, si siede, mangia e quando ha finito mette il piatto nel lavandino e se ne va.
Credo che questo sia significativo della portata dei cambiamenti che Juan e Mariana stanno affrontando in questi giorni: anche le cose più elementari, più scontate, più primarie hanno regole differenti.
D’altro canto penso che forse non è così male sapere questa cosa dopo che abbiamo stabilito le regole (e che cerchiamo di farle osservare). Se l’avessimo saputa prima probabilmente saremmo stati condizionati, più flessibili, ma forse avremmo fatto più fatica nel tempo.

Una bella giornata

Certo che é sempre difficile. Se uno si facesse prendere dallo sconforto (e a volte lo sconforto ti prende) verrebbe da pensare che per ogni passo avanti ce ne sono due indietro. Se da una parte le crisi isteriche “acute” sembrano essere superate, dall’altra, per Juan, si é acuito il capriccio, il mugugno. Mentre per Mariana rimane la modalità del rifiuto delle cose nuove, anche se, dal primo giorno, sono stati fatti enormi progressi.
Ieri siamo stati al centro commerciale (sì non é che ci siano molte alternative senza ricorrere al taxi: parchetto o centro commerciale). La spesa é andata ragionevolmente bene, ma fuori, nei corridoi del centro, é stato un continuo correre, buttarsi per terra, inzigarsi tra di loro. Dopo pranzo siamo andati a prendere un gelato a Crepes & Waffles (a proposito sono buonissimi)… ma evidentemente abbiamo raggiunto il tempo limite: hanno iniziato a fare quello che volevano senza ascoltarci, poi chiedevano di andare in bagno, poi si rotolavano sul pavimento, caragnava uno, poi rideva, poi iniziava l’altro. I genitori, a parte commentare “adesso facciamo pagare il biglietto”, per il numeroso e attento pubblico, avevano una forte voglia di a) amministrare un paio di sberle e b) di portarli immediatamente a casa. Per a) hanno resistito, mentre per b) purtroppo i gelati erano stati giá ordinati.
Anche l’uscita e il ritorno a casa sono stati deliranti. C’é qualcosa nello stare fuori casa che evidentemente destabilizza i nostri figli.
L’altro grosso problema, sicuramente maggiore é il rapporto con Juan. Lui si riferisce solo a me, a parte sporadici eventi, si sottrae alla mamma. Questo fa sì che per convenienza e sopravvivenza piú che una famiglia siamo due coppie: Ale-Mariana e Max-Juan. Se aggiungiamo che tra fratelli non giocano, non hanno interessi in comune e la maggior parte delle interazioni tra di loro consiste in imprecazioni (“Ahi Maria!” e “Mariana, AAAHH!”), spintoni o nello strapparsi le cose di mano, il quadro é foschetto.
Fine di serata con lotta sul letto di Juan a colpi di coriandoli… dove abbiamo trovato i coriandoli? Non avevamo scritto che abbiamo regalato due forbicine ai pargoli?

Questo era ieri, oggi è il giorno del passo in avanti. Sarà forse che ieri sera non abbiamo rotto nessun tavolo di cristallo solo per la mancanza della materia prima (grazie Baeti), sarà che il tempo sta facendo il suo dovere, sarà che noi quattro ci stiamo mettendo del nostro, comunque oggi è andata decisamente bene.
Ale ha individuato una tattica eccezionale contro i mugugni di Juan: non lo prende sul serio, gli fa il solletico, lo prende in giro. I mugugni durano qualche secondo nel vortice di questa “terapia” e sono subito sostituiti da risa e l’umore cambia.
Era un po’ di tempo che volevamo fare un dolce con i bambini, sia perché tra tutto lo stress e i vari sovraccarichi non abbiamo ancora propriamente festeggiato il compleanno di Juan, sia perché sull’album c’è la foto di Mamma Ale che fa la torta al cioccolato e i bambini ce l’hanno chiesta. Quando ci siamo accorti che il forno è fake ci siamo un po’ scorati, fino a che, ieri, non ci è venuta l’idea di fare un salame di cioccolato… Così questa mattina ci siamo messi all’opera, senza bilancia, con Mariana che sbriciolava un biscotto e se lo mangiava anziché lasciarlo nella terrina, con Juan che mescolava (e che bene!) uova, zucchero, cioccolato fuso, burro… insomma sembrava la succursale colombiana della Bistefani. Tutti d’amore e d’accordo compresi. Per sopperire alla mancanza della carta da forno/carta stagnola, abbiamo messo tutto in un piatto fondo per fare uno zuccotto.
Verso le 11:00 ci siamo fatti venire a prendere dal Taxi e siamo andati al “Parque Explora” un museo interattivo molto divertente. Ci sono 5 sezioni di cui una all’aperto, con vari giochi didattici sulle varie leggi della fisica. Le altre sezioni sono: computer, la vita, geologia e fisica. Siamo stati parecchio nella sezione all’aperto con Juan che correva a destra e a manca per provare tutto, poi abbiamo mangiato nel baretto del parco (i tempi sono luuuuunghi, pazienza, mi raccomando, sì ma come fai a spiegare ai bambini che ci vuole pazienza e che se le patatine tanto agognate arrivano per ultime non è un torto personale?).
Dopo mangiato abbiamo provato ad entrare nella sezione dei computer, ma ci hanno detto che probabilmente non sarebbe stata molto di interesse per i bambini e ci hanno dirottato verso le sezioni di geologia e della vita. Appena entrati in “geologia”, Juan e Mariana sono stati reclutati per mansioni paleontologhe: recuperare il maggior numero di ossa di dinosauro in due vasche piene di sabbia bianca.
Così abbiamo visto anche come Juan e Mariana si relazionano con gli altri bambini. Mariana sembra completamente spaesata, non sembra abituata ad ascoltare gli altri, un po’ come se non riuscisse a giocare, come se fosse solo una bambolina da ammirare.
Juan invece ci ha stupito per come “socializza”. Ad esempio mentre stavano giocando, è entrato un bambino che si è avvicinato. Juan gli ha spiegato cosa doveva fare e poi è andato dall’addetto/animatore a chiedere la paletta per il bambino nuovo.
Purtroppo si vede tutta la sua ansia, in entrambe i padiglioni abbiamo rifatto il giro non so quante volte, quasi di corsa, schiacciando bottoni e girando manopole e passando alla macchina successiva, a volte saltandone diverse. Ci vorrà tempo, ma alla fine anche tu ti rilasserai!
Alla fine i bambini erano stanchissimi, Mariana che pur di portare la bottiglia della bibita a Juan combatteva strenuamente contro il sonno e camminava strisciando i piedi.
A casa abbiamo fatto una bella pastasciutta al ragù e poi, evitando un paio di incidenti diplomatici, siamo riusciti a portare in tavola la torta-salame di cioccolato. Juan era contento e impaziente di mangiare la torta, tanto che ha voluto portarla in tavola insieme alla pastasciutta. Ma poi in due occasioni è scattato per un nonnulla e, piangendo, si è rifugiato in cameretta, sul letto. In tutt’e due i casi Ale è riuscita a “recuperarlo” e ci è sembrato un po’ come se cercasse (inconsciamente) di dimostrare che lui non era degno di una cosa così bella, così buona, così desiderabile e fatta con amore da tutta la famiglia per lui.
Finalmente, una volta tutti a tavola di nuovo, Juan ha messo le candeline, le ha accese con cura e solennità, gli abbiamo cantato “Cumpleaños Feliz”e lui ha soffiato, sembrava al settimo cielo. E ha continuato anche tagliando la torta. Ha voluto mettere una candelina su ogni fetta e ha preso dei tovagliolini da mettere tra torta e piattino sotto ad ogni fetta…
Poi è arrivato il momento di andare a letto. Mariana è molto ripetitiva, probabilmente perché le cose ripetute le danno sicurezza; così sono ormai 3 sere che vuole andare sul balcone con mamma e coperta, stare lì abbozzolata e ascoltare magari una storia (possibilmente sempre la stessa) raccontata da Ale. E questa sera si è addormentata di botto sul balcone.
Juan invece non voleva saperne di dormire, per non parlare di lavarsi i denti e fare pipì. Alle fine Ale (ancora lei!) ha avuto l’intuizione che volesse addormentarsi nel soggiorno con le coccole di mamma e papà. Dopotutto perché alla sorella viene riservato questo trattamento “speciale” e a lui no? Infatti in pochi minuti russava già con il rumore dell’allegro boscaiolo.
È un rapporto complesso e complicato quello che lega i nostri bambini tra loro e di sicuro questa situazione nuova, inusuale e talvolta frustrante, non semplifica certo.
Già ieri abbiamo provato, ma questa sera ci siamo riusciti un po’ di più: a tavola ri-raccontiamo la giornata trascorsa. L’idea è che così da una parte li coinvolgiamo nello stare insieme al di là del cibo (cercando di tenere Juan lontano dalla televisione, offrendogli un’alternativa), dall’altra crediamo che così sia più facile rielaborare il nuovo stato famigliare, apprezzare in questa nuova situazione quali sono stati i momenti belli.
Ancora una volta però il limite della lingua si fa sentire. Anche se ormai i nostri figli iniziano a capire qualcosa dell’italiano, sicuramente perdono un sacco di particolari, che, soprattutto nel caso di Juan David, possono servire.
Solo una precisazione per tutti quelli che ci hanno scritto che nelle foto sembriamo così sereni e sorridenti… be’ quando siamo neri inc***ati non abbiamo molta voglia di fotografarci e quando i nostri figli fanno i capricci la voglia di fare una foto c’è, ma solo per conservarla per la loro morosa/o … la vendetta è un piatto da servire freddo 🙂
Scherzi a parte grazie di cuore a tutti, veramente tutti quelli che ci scrivono e che ci sono vicino in quest’avventura speciale. Siete tutti sempre nel nostro cuore!

Circo Orfei? … tzè!
Mescolo io!
Mescolo io!!
Qui fa caldo, non piove mai, tranne quando prendiamo il taxi per andare da qualche parte.
Non è la nebbia padana, ma una buona imitazione
Nebiün!
Ohhh
Giuriamo, non abbiamo cercato di incatenarlo!
CI-BO!!
Paletta e caschetto – paleontologo perfetto
Sembra un night, ma è sempre il museo
All’opera!
Quanto tempo è stato così in ammirazione della SUA torta di compleanno? Buon Compleanno Juan!
Secondo round

Festa del papà … e che festa!

Oggi qui si celebra il giorno del papà ed è stata una vera e propria festa. Cioè non nel senso tradizionale con torta e regali, ma perché in qualche momento ci siamo persino rilassati. Scherzi a parte oggi i nostri figli ci hanno regalato tante belle emozioni. Dopo un lungo tira e molla sulle magliette nei giorni scorsi, Mariana finalmente ha scelto, in piena autonomia, una maglietta di quelle che le abbiamo portato noi (e gongolava in giro mostrandola a tutti).
Juan, dopo avermi sbaciucchiato e coccolato per tutta la mattina, questa sera, a tavola ha dato il primo bacio ad Ale! Considerato il rapporto di Juan con la mamà-ah è un Evento: mamà-ah si è sciolta in brodo di giuggiole. Io e Ale eravamo in soggiorno che finivamo di mangiare la frutta, mentre i bambini erano in cameretta, pure loro a mangiare la frutta (si, lo so, bisogna mangiare a tavola, ma … anche noi ogni tanto dobbiamo tirare il fiato). Ha iniziato Mariana ad arrivare di corsa con il suo sorriso disarmante e gli occhioni radiosi portandoci uno spicchio di mandarino a testa. Noi l’abbiamo ringraziata e le abbiamo dato in cambio uno spicchio dei nostri. Lei tutta orgogliosa, è corsa nuovamente in camera con l’entusiasmo e la corsa impacciata che solo i bambini di questa età possono avere. Sentiamo che dice a Juan quello che è successo e… dopo pochi secondi arriva di corsa anche Juan con un sorrisone e due spicchi di mandarini per mamà e papà. Dopo aver dato lo spicchio a me insieme a un bacio, si rivolge ad Alessandra e fa lo stesso: spicchio e bacione!
I nostri figli (quando la luna è buona) sono iper-adorabili: generosi, affettuosissimi, ci coccolano, ci imboccano, ci fanno assaggiare le loro cose. Probabilmente dev’esserci una sorta di equilibrio cosmico per cui, quando la luna non è buona… be’ avete capito.
Sempre Juan oggi ha preso in mano l’album che gli avevamo spedito dall’Italia e ha deciso di attaccare le foto che abbiamo portato per lui del suo compleanno e della preparazione delle valige.
Oggi ci sono stati anche bei momenti tutti e quattro insieme: mentre i bambini incollavano le foto, mentre facevamo le bolle di sapone sul balcone (Milena, grazie per la ricetta, funziona!).
Anche se è un giorno di festa, ed il trend è più che buono, anche oggi abbiamo avuto motivi di scontro (o forse è meglio dire che Mariana ha avuto motivi di scontro con noi). La prima crisi tornando dal centro commerciale perché non voleva tirarsi giù la maglietta sulla pancia e il tempo minacciava pioggia con un forte vento.
È vero che i centri commerciali rovinano le persone, di solito però hanno un effetto di inebetimento. Comunque questa crisi è durata relativamente poco perché Ale è riuscita a fare una magia (almeno per quello che ho capito io, perché fino a un momento prima Mariana gridava e scalciava e l’istante dopo era tranquilla in braccio). (Ale dice che la magia l’ha fatta Mariana).
La seconda prima di cena perché non voleva venire a tavola… nelle nostre preghiere serali ce n’è una dedicata alla non-esistenza del telefono azzurro colombiano. Se dovesse esistere non vedrete più aggiornamenti del blog… mi raccomando portateci delle arance.
Anche questa crisi è finita in maniera strana, cioè dopo che Mariana si è esaurita a sgolarsi (proprio non aveva più fiato), è stata lei a “riagganciare”. Ha voluto andare sul balcone, Ale le è stata vicino e Mariana ha iniziato subito a rispondere alle coccole e a giocare. È andata in camera a prendere la coperta e l’ha portata sul balcone da una commossa Ale e gliel’ha data e si è avvolta imbozzolandosi insieme.
Mariana ha deciso che questa sera si dormiva in soggiorno e così, con la porta finestra socchiusa ha ascoltato la storia che Ale le raccontava e poi, preso il foglio, ne ha “lette” ben tre alla sua mamà-ah. Anche in questi splendidi momenti riesce comunque a conservare il suo carattere selvaggio e ribelle: una volta addormentata si ribellava con movimenti bruschi e cipiglio imbronciato quando si cercava di metterle il pigiama (infatti adesso è nel suo letto con jeans e maglietta).
Juan sfida molto, è impazientissimo, bisogna convincerlo a fare le cose di base (lavarsi i denti, andare in bagno, mangiare). Però oggi c’è stato solo qualche mugugno e un accenno di crisi che è sfumato subito. Pensiamo che quando siamo in giro lui non stia proprio benissimo, infatti chiede di tornare a casa non appena abbiamo fatto quello che dovevamo fare. Oggi era in paranoia prima perché voleva le patatine fritte (sfido a trovare un locale all’interno di un centro commerciale qualsiasi dove non servano patatine fritte), poi perché voleva tornare a casa.
Insomma, siamo contenti. Ah, sì, la festa è stata festeggiata con una torta al bocadillo!
(Oggi niente foto perchè è quasi mezzanotte e abbiamo un sonno biscio).

Crisi al centro commerciale: fatto.

Questa è da manuale, si sa, prima o poi succede. Sarà che siamo in un posto dove non ci conosce nessuno, ma non ci siamo sentiti particolarmente imbarazzati a caricare di peso la piccola Mariana scalciante e urlante (e semibiotta) per portarla verso casa. Il risultato di questa operazione, verso metà strada è stato un morso micidiale sul mio bicipite. Probabilmente la maglietta mi ha salvato dalla lacerazione dei tessuti, non so di preciso come lo si può definire tecnicamente, ma ho un gibollo viola con dentro macchie rosse contornate da una coroncina di impronte di dentini (non faccio la foto per non urtare la sensibilità, ma Dario Argento mi ha chiesto se posso prestare il braccio per un film). A parte il ritorno (e l’andata) al centro commerciale la giornata non è andata male. Al supermercato si è rivelata vincente la strategia di caricarli dentro la macchinina del carrello (rigorosamente ognuno la sua). In questo modo non solo non correvano in giro ovunque cercando di farci comprare l’inverosimile, ma pure non riuscivano a vedere tanto in alto, sugli scaffali, le cose più appetitose.
Inoltre con scarti improvvisi e occhiate significative, Ale, che guidava il gruppo, ha evitato la corsia delle patatine e dei dolci… diabolici, eh?
L’andata invece è stata colorata dal trascinamento di un mugugnante Juan per tutto il percorso perché voleva essere preso in braccio e io non me la sentivo di portarmelo dall’inizio alla fine.
Uno dei meccanismi che abbiamo ormai capito è che quando Mariana ha una crisi, Juan si spaventa. Per questo motivo, al ritorno, dopo le scenate della sorella, è diventato mite mite e chiedeva permesso per fare qualsiasi cosa (addirittura ci rispondeva con “si, señor”, “si señora”).
Sfogato lo sfogo, passiamo alle cose belle: questa mattina sia Juan che Mariana hanno voluto asciugare i capelli ad Ale con il phon (la piega non è venuta male… hanno un futuro i ragazzi :-)). Un’altra cosa che ci colpisce è la generosità (nei momenti di luna buona), soprattutto Mariana principalmente nei confronti del fratello, ma anche con noi. Ad esempio ci fa sempre assaggiare quello che mangia (ormai non siamo più schizzinosi… la fame fa miracoli).
Le domande del giorno: Ale – “Max, oggi quando eravamo fuori avevi caldo con la maglietta?”, Max “Intendi quando trascinavo Juan all’andata o quando portavo Mariana in braccio al ritorno?”.
La battuta del giorno: “Quindi Mariana è stata battezzata?”, “Si, ma l’acqua santa doveva essere scaduta”.
Monica “profesora” di spagnolo, se ci stai leggendo: “Pecueca” (cioè la puzza dei piedi) ha avuto un successo clamoroso. Mariana almeno un paio di volte al giorno va in giro con la sua scarpina, con tanto di nuvoletta gialla, a far annusare, felice, a tutti urlando “Pecueca, pecueca!”. Poi si scatena il tormentone e tutti annusano, storcono il naso e urlano “Pecueca!”
Questa sera è andata meglio anche a tavola, cioè rispetto alle ultime tre sere dove eravamo praticamente solo io e Alessandra, con qualche comparsa di Mariana.
Le regole che abbiamo iniziato a sostenere sono abbastanza di base: si mangia solo durante i pasti e le merende; si finiscono merendine e succhi già aperti; cena, pranzo e colazione si fanno a tavola; si raccolgono le cose che si fanno cadere; carte e cartacce si buttano nella spazzatura; si usa il fazzoletto per pulirsi il naso.
Per ogni nostro “no” c’è una crisi (che può durare anche un’ora e passa). In genere una volta che la crisi è passata il “no” viene accettato (anche se magari bisogna rammentarlo un po’ di volte). E’ per questo che a volte, prima di intervenire, quando siamo sfiniti, io e Ale ci guardiamo negli occhi e decidiamo che, per questa volta, facciamo finta di niente.
In generale i nostri figli non accettano qualsiasi cosa che non sia perfettamente in accordo con le loro aspettative. Sia anche semplicemente un’attesa più lunga di qualche secondo, o voler fare da soli una cosa che non sono in grado di fare.
Siamo sempre più convinti che la lingua è molto importante. Ieri la psicologa diceva che, soprattutto per Mariana, il non essere capita, può accentuare il suo senso di frustrazione visto che è una bambina che parla tantissimo e ci racconta molte cose. Il limite della lingua c’è anche nel porre le regole, soprattutto per motivarle, o, a volte, l’incomprensione può scatenare crisi dalla furia omicida (come quella di oggi del supermercato).
Ed ora le foto!

Ecco come calmare i nervi: una tinozza di fragole e un bel castello di carte.
La Sirenetta. Per fortuna non è più un problema farle il bagno, anzi, lo chiede lei.
le donne al parquesito.
E all’incontro l’equipe ci aveva detto che Mariana aveva paura del phon!
Ecco l’autore di alcuni interessanti testi (tipo: asaaaaaaaaawjjuuuuuu9).
Ecco i fiori che Juan ha regalato a mamà Ale.
più in alto di così, al parquesito, non si può.
Questo personaggio della serie Lazy Town assomiglia a nonno Nando per Juan (giuro io non ho influenzato).
questa invece a nonna Carla.

Lo Spicologo dice che

(che poi è una donna)… dice che tutto è ok, ma non saltiamo alle risposte. Questa mattina l’appuntamento era alle 11:00 e fortunatamente siamo riusciti a non subire nessuna crisi, giusto qualche mugugnetto e impuntamenti minori risolti con la contrattazione delle patatine (si potrebbe anche dire “ricatto”, ma “contrattazione” è più politically correct).
Il Taxi arriva leggermente in ritardo facendoci temere di non arrivare in tempo all’ICBF. Ci accoglie l’interprete messa a disposizione dell’ente, un’italiana di Bolzano (madrelingua tedesca quindi) che ha sposato un colombiano e vive qui da 29 anni, tra l’altro anche lei madre adottiva. Una persona molto sensibile e disponibile.
A prima vista ha commentato “be’ vi vedo tranquilli… una coppia di Milano che è stata qui qualche mese fa, anche loro con due bambini, era molto più agitata”. Comunque Juan e Mariana vengono chiamati in un’altra saletta e noi entriamo in un ufficio con l’interprete, la psicologa colombiana e l’assistente sociale.
Ci fanno raccontare tutto (con l’interprete che ogni tanto parlava a noi in spagnolo e alle operatrici in italiano), loro annuiscono e prendono appunti. Ci chiedono anche dei nostri vissuti, di come ci siamo sentiti nei vari momenti di questa ancora breve ma _molto_ intensa avventura.
Alla fine ci hanno rassicurato molto sia gli operatori che l’interprete che ogni tanto aggiungeva il proprio contributo e commenti tipo “mi fate molta tenerezza”. È giusto che le cose vadano così e, anzi c’è stata una buona e rapida evoluzione. Certi rifiuti categorici di Mariana sono da interpretare come la risposta al nuovo ambiente quando, data l’età, non ci sono ancora gli strumenti mentali. Ci dicono che finora abbiamo fatto bene, di continuare così e che è importante mettere regole fisse sulle cose a cui diamo più valore ed essere elastici sul resto.
Alla fine ci hanno chiesto, nello stile “un’offerta che non si può rifiutare”, se volevamo posticipare la verifica dell’integrazione a mercoledì. Si poteva rispondere “no”??
In effetti ci hanno detto tante cose tranquillizzanti e tante cose utili, resta ancora qualche dubbio su come affrontare le crisi isteriche, anche se, come aggiungeva giustamente l’interprete, siamo noi ad essere presenti e quindi a poter capire come è meglio intervenire.
Usciti dall’ICBF ci siamo fatti portare dal fido Raul (il tassista di fiducia) in un locale tipico per mangiare qualcosa. I bambini non hanno molta voglia di rivelare i propri gusti, così scegliamo noi per loro, uguale, così non possono avere nulla da ridire. Anche il succo di frutta che inizialmente non vogliono, glielo facciamo ordinare (e alla fine se lo bevono con mucho gusto).
Ale prende una Bandeja Sencilla e io una Bandeja Paisa. Si tratta di due vassoi (“bandeja” significa infatti “vassoio”) pieni di … tutto. Carne trita, fagioli, uovo in camicia, salsiccia di due tipi, lardo, platano (che è una specie di banana), una specie di mango, un’insalatina, riso, un’arepa (una specie di frittella di farina di mais), nel mio c’era anche una bistecchina, giusto se dovesse rimanere ancora un po’ di spazio.
Impossibile finirli, ce l’impacchettano e li portiamo via.
Pomeriggio a casa con tre crisi di Juan sempre per delle stupidate. La prima piuttosto acuta con calci e pugni al sottoscritto, probabilmente per la gelosia nei confronti della sorella. La terza invece piuttosto fake, dopo qualche minuto di spinte e annaspi per riattaccare il cavo della televisione (che visto i precedenti era off-limits per questa sera), con espressione truce e mugugni strappalacrime, si mette a ridere e a giocare con altro…
Istantanee commoventi del giorno: Mariana a cena che dà da mangiare ad Alessandra (che visti gli spettacoli di prima non è che avesse tutto questo appetito). Sempre Mariana che porta prima una forchettata di pollo a Juan in camera sua in piena crisi di pianto e poi le patatine.
A differenza delle altre sere Juan ha mangiato qualcosa, anche se dall’esterno si potrebbe dire che, da oggi, abbia iniziato una dieta vegetariana molto selettiva: solo patatine fritte.
(oggi niente foto perchè non ho la forza fisica di metterle).

2 piccoli adorabili … selvaggi

Sette. Oggi siamo arrivati a sette, sette crisi isteriche. Ieri sono state un po’ di meno, però scattano per piccole cose. Nei primi giorni siamo stati molto permissivi come regole, veramente il minimo sindacale. Quindi le crisi scoppiano per le cose più stupide: la richiesta di usare il fazzoletto per pulirsi il naso anziché il dito, Ale che si toglie la maglietta per poter fare il bagno a Mariana (per evitare di bagnarla), la richiesta di non aprire le cose con i denti…Inizialmente lasciavamo che la crisi si sfogasse cercando di contenere giusto i danni a oggetti e persone, però così non se ne veniva a capo. Anche perché in due anni di corsi, incontri, convegni e conferenze nessuno mai ci ha spiegato qual è il migliore comportamento da tenere in caso di crisi isterica.
Anzi forse nella preparazione certe descrizioni dovrebbero essere più incisive: se volete adottare preparatevi a vedere massacrato il regalo che avete scelto con tanta cura per l’incontro, preparatevi a combattere per una maglietta, preparatevi a ricevere parolacce da un frugoletto di 3 anni e mezzo (per fortuna in spagnolo), ad essere presi a sputi, pugni, morsi e unghiate, a essere ignorati o schivati, mentre il vostro coniuge è ricoperto d’attenzioni…
Comunque da questa sera (oltre ad avere richiesto un confronto con uno psicologo per qualche consiglio), la referente dell’ente ci ha consigliato di essere più rigidi sia in termini di regole di convivenza, sia nel limitare lo sfogo e, nel momento della crisi, di ignorarli completamente, per quanto sia difficile.
Sì è un po’ uno sfogo, ma penso che dopo 7 crisi isteriche, oggi, possiamo concedercelo.
Pensiero di ieri: non c’è niente di più brutto del rubare il sorriso a un bambino, non c’è niente di più bello di un bambino che sorride.
Ieri siamo andati al Parque Norte che è una specie di parco dei divertimenti, tipo Gardaland tanto per intenderci, ma molto meno affollato (ma mooolto). I bambini sono saliti su parecchie giostre anche se alcune erano in manutenzione (naturalmente le più ambite). C’era anche un aereo passeggeri vero con schermi ai finestrini e sedili mobili così i bambini hanno provato l’emozione di salire su un vero aereo, come quello, tanto agognato, che li porterà in Italia.
In questi giorni il tempo è sempre stato ragionevolmente bello, solo con qualche temporale serale, quindi ieri ha pensato bene di aprire le cataratte del cielo verso le 12:00. Uno di quei bei acquazzoni tropicali (d’altra parte siamo proprio qui). Visto che non accennava a diminuire abbiamo chiamato il taxi e, come da copione, probabilmente si tratta di necessità storica, al suo arrivo la pioggia ha smesso.
Oggi invece è stato già un miracolo andare a fare la spesa al supermercato qui vicino.
I colombiani (almeno quelli con cui abbiamo avuto a che fare finora) sono gente amabile: pacata, paziente, che parla con tono sommesso e radiosa.
Abbiamo avuto qualche problemi anche con i telefoni cellulari e così ieri senza avviso è arrivata, verso le 9:00 la signora delle pulizie. Considerato il regolamento da minimo sindacale la casa era un disastro…. avremmo voluto sprofondare. Lei si è messa di buona lena, con in sottofondo il CD di “Mission Impossible” e ci ha restituito una casa pulita e ordinata a puntino.
Fare i genitori è anche questione di strategie creative… ad esempio se vostra figlia vuole fare il bagno, ma la vasca che avete a disposizione è sprovvista di tappo, che si fa? Noi abbiamo preso il coperchio di un tupper che c’era in cucina… chissà cosa avrà pensato la signora delle pulizie di cui sopra, trovandosi di fronte al coperchio in bagno.
Comunque grazie a tutti quelli che ci hanno lasciato un commento in questi giorni, quelli che ci hanno scritto email e quelli che comunque ci hanno pensato. Sentire un coinvolgimento così caloroso ci dà tanta forza.

Survivors

Sospiro di sollievo per tutti quelli che stanno seguendo la nostra storia e sempre più ansiosi non vedono nostre nuove e anche per noi.Abbiamo risolto il problema tecnico dell’adattatore del computer (brutalmente tagliando il filo di alimentazione e mettendoci una spina locale – alla faccia delle normative di sicurezza) ed è anche il primo giorno che non crolliamo esausti sul letto.

Ale:
Da dove iniziare a raccontare? Sono solo trascorsi 5 giorni dall’incontro con i nostri figli, ma ci sono così tante cose da raccontare che non saprei proprio da dove incominciare: momenti di fatica, di senso di impotenza e di inadeguatezza, la loro rabbia che esplode in ciascuno in modo diverso, i pianti, la continua richiesta di attenzione, i numerosi “no” alle nostre minime richieste, ma ci sono anche le coccole, i baci, gli abbracci, le continue richieste di essere presi in braccio; c’è la loro sete di essere amati e voluti; i giochi insieme e le risate; il sentirsi chiamati mille volte al giorno “papà!” e “mamà” e noi, ad ogni suono di queste due meravigliose parole ora con entusiamo, ora armati di santa pazienza, rispondiamo con tutta la dolcezza “arrivo!”, “dimmi!”.
Li guardo e non posso fare a meno di sentire e pensare alla loro sofferenza e alla loro paura di essere ancora traditi, ma dentro hanno una forza incredibile di riprovare. Per adesso la giornata inizia alle 6 della mattina, vengono nel nostro lettone oppure noi andiamo da loro. Juan fa la doccia senza problemi, con Mariana invece bisogna aspettare il momento giusto per fare con lei qualsiasi cosa, soprattutto per lavarla, vestirla, pettinarla.
Per il resto della giornata, tutto il tempo e le nostre energie sono per loro. Questa è la prima sera che, dopo averli messi a nanna, abbiamo ancora un po’ di forza per restare alzati e poter continuare a scrivere la nostra avventura.

Max:
(scritto la sera dell’incontro sul palmare) Oggi é veramente una giornata difficile da raccontare. Lasciamo pure perdere la sveglia prima dell’alba, la corsa nella notte a bordo di uno sgangherato taxino con la spia del motore accesa fissa e le valige in braccio. Passiamo anche sopra a qualche montagna con l’aereo e atterriamo a Medellin. Raul, l’autista scelto da Pilar ci porta prima in tribunale a depositare qualcosa (un giorno forse riusciremo a comprendere appieno tutti i passaggi burocratici), poi mancano ancora dieci minuti e andiamo a fare la spesa. Seguendo il passo risoluto di Pilar riempiamo il carrello di un sacco di pasticci. E poi non c’é scampo: arriva l’ora X. Si entra in un edificio che potrebbe essere anche una scuola. Ci ricevono l’assistente sociale, la “defensora” de famiglia che si é occupata del caso e una persona dell’ufficio. Ci chiedono se abbiamo altre domande rispetto a quello che sappiamo e a un certo punto spunta, dal vetro una faccina caffè, seria seria, ma curiosa! É lui: nostro figlio che non ce l’ha fatta a resistere all’impazienza!
Chiudiamo piuttosto sbrigativamente il resto della procedura e ci apprestiamo a fare conoscenza… bisogna sempre cercare di ricordarsi di respirare. Ma non ne abbiamo il tempo: due ciuffoli caffé arrivano a mo’ di turbini con due disegni… e ci parlano, noi capiamo poco-niente e li abbracciamo. I regali si scartano, si inizia a giocare. Non esiste nulla all’infuori di noi 4 e dei giocattoli che abbiamo portato. A un certo punto Juan mi chiama papá-ah (con accento bergamasco si potrebbe dire). E da quel momento é un’esplosione di mamá-ah e papá-ah.
Salutiamo il personale dell’ICBF con l’intesa che ci vediamo tra 10 giorni e scendiamo nel parcheggio saltellando a piedi uniti le 4 rampe di scale e facendo “boing boing” con la voce.

Altre note
Medellin, o meglio la zona in cui viviamo, non si puó dire certo pedestrian-friendly. Il centro commerciale dista un 20 minuti ad andare di cui 13 in attesa ai semafori. Il centro commerciale é molto grande e contiene un Carrefour. I primi due giorni non riusciamo a prendere bene le misure: troppo grande, troppo dispersivo, troppe energie convogliate a controllare i figli (che non dovrebbero, nel possibile, farsi troppo male, anche perchè abbiamo un incontro di verifica lunedì prossimo).

Note sui regali: la macchinina radiocomandata è stato un successo, undici punti su 10. Juan non la molla un attimo e ci dorme letteralmente insieme. La bambola di Mariana non ha avuto un successo immediato, ha iniziato a guardarla dopo il 3° giorno e anche lei adesso la porta al parco e a letto. Le bolle di sapone 8 su 10, dopo i primi giorni hanno iniziato a guardarle un po’ meno (anche perchè il contenuto ormai è finito). I palloncini ottimo: non vogliono che li leghiamo perchè si divertono a gonfiarli e sgonfiarli lanciandoli o facendogli fare i suoni. Ieri mattina abbiamo inventato la guerra dei palloncini: due squadre si affrontano di soppiatto percorrendo il corridoio e lanciando i palloncini a sorpresa contro gli avversari… non vince nessuno, ma ci si diverte un sacco.

Guardano un sacco gli album che abbiamo inviato a febbraio, li conoscono a memoria, ogni figura, ogni scritta. Juan ha chiesto perchè sull’album non ci sono le foto dei cugini e degli zii… ehm, noi abbiamo obbedito agli ordini 🙂

Tutt’e due ci chiedono dell’aereo, e appena ne passa uno sopra le nostre teste è un evento che coinvolge tutta la famiglia. Juan in particolare non vede l’ora di andare in Italia.

La lingua… è un problema, ma non un problema. Cioè non ci sono problemi per farsi capire e per capire sulle cose pratiche. Il problema è che loro ci parlano un sacco, per quel poco che capiamo, ci raccontano le loro storie, ed è un peccato non sapere abbastanza spagnolo per raccogliere e conservare queste perle. Per fortuna, la mamma-affidataria (che loro chiamano zia) ha consegnato all’ICBF due quaderni-diario (che ora abbiamo noi) di quest’anno vissuto con lei. Loro ci insegnano qualche parola, l’accento sembra bergamasco, e noi abbiamo iniziato a parlare un misto di italiano, spagnolo, dialetto con qualche interiezione in inglese … con accento bergamasco, aiuto! Quando torneremo ci faremo capire a gesti.

Il cibo è un po’ un problema: manca il tempo per fare tutto e quindi anche per preparare un pranzetto degno di questo nome (loro chiamano in continuazione anche quando siamo in bagno). L’altro problema è quello di cucinare le specialità locali che noi non conosciamo e, dalle loro reazioni, si direbbe che si vede.

L’esperienza al supermercato, la prima volta, è stata un delirio: loro che urlano “Yo quiero este!!” e prendono i pacchetti mettendoli nel carrello, noi che non capiamo il contenuto misterioso di queste confezioni o, se lo capiamo, vorremmo tanto non prenderli. Cerchiamo di arginare cedendo alle richieste più ragionevoli e facendo muro su quelle che proprio non ci stanno.
Certo che la prima volta che tuo figlio ti chiede “yo quiero este” (letteralmente dovrebbe essere una via di mezzo tra “voglio questo” e “mi piacerebbe molto questo”) e tu dici di no, ti senti proprio una carogna.

Grazie a tutti per i vostri messaggi, sono bellissimi, li leggiamo tutti, volentieri, ci commuovono e ci danno forza!

Bogotà

Eccoci finalmente a Bogotà! Per Medellin si parte domani… alle 6:00 … dall’aeroporto, alle 4:15 dall’albergo. A noi il jet lag ci fa un baffo! Viaggio tutto bene. Ecco gli appunti di oggi

5/6/2008 5:55 am – aeroporto di Malpensa, Terminal 1
I mesi sono diventati settimane, le settimane giorni, i giorni ore e alla fine secondi. E alla fine l’ora zero é arrivata anche per noi.
E sempre un po’ piú vicino, sempre un po’ prima stiamo per arrivare. In una versione nostra e personale che é una via di mezzo tra l’arrivano i nostri e l’armata Brancaleone.

Sdrammatizzazione: Ale parla con le foto di Juan e Mariana (tipo “eh, anche tu quante ne combinerai…”). Max dopo essere andato due volte ai servizi: “non sono agitato, peró speriamo che all’ICBF ci sia il bagno”.

Decollo, questa volta é proprio la partenza, ci solleviamo dal suolo padano e salutiamo l’Italia che rivedremo tra un po’. Intanto immaginiamo come saranno i voli con Juan e Mariana: come dovremo disporci, come saranno sgranati i loro occhi di fronte a tante novitá, magari impauriti e … staranno proprio seduti e tranquilli? Ci sembra cosí improbabile.

10:09 sull’aereo per Bogotá, ancora saldamente appoggiato al suolo di Parigi.
Il passaggio a Parigi é stato giusto una pellicola spinta in “avanti-veloce” a parte un po’ di coda per i controlli di sicurezza, apena arrivati al gate inizia l’imbarco via autobus.

9:59 ora di Bogotá. Da qualche parte a 10668m sull’oceano atlantico. Per un attimo, concentrandosi, cercando di chiudere varie porte mentali si potrebbe pensare che questo sia un viaggio di turismo: solito volo intercontinentale su distese sconfinate d’acqua, pasto scadente servito in troppo poco spazio, semioscuritá, pisolini alternati a momenti di veglia… Non dissimile dal volo dell’anno scorso verso gli Stati Uniti.
Eppure questa falsa sicurezza non dura piú di qualche istante, niente riesce a fermare la luce dell’Incontro di domani. Niente riesce a frenare l’immaginazione di noi con loro nei prossimi giorni in quella terra straniera dove tra un po’ atterreremo.
E ogni volta che le figure si fanno piú vivide e vere c’é quella tensione che parte dalla nuca ed elettricamente si irradia giú nelle braccia fino ai pollici e nello stomaco contraendolo.

Intanto é certo: abbiamo dimenticato il temperamatite… poteva andare peggio.

All’arrivo ci siamo accorti che in una valigia uno shampo ha perso buona parte del suo contenuto… malgrado l’impacchettamento strategico. Così anzichè riposarci aspettando l’ora di cena, ci siamo messi a lavare inzuppatissimi vestiti e ad asciugarli col phon…

Note di servizio: ho visto che ci sono un paio di problemini con i commenti – le vocali accentate e gli orari… prima o poi sistemerò O:-)

-1: valige chiuse

Cosa si fa a -1? Il confine diventa confuso: contiamo le ore alla partenza? All’arrivo? All’incontro? Intanto le valige si sono chiuse l’altro ieri con un *click* deciso e incontrovertibile, da qui indietro non si torna.Stiamo passando la penultima giornata da “sposini” tra pulizie domestiche in grande stile (così se vengono i ladri trovano tutto in ordine e ci ringraziano), ripassando le cose da portare, quelle che stiamo dimenticando, le parole in spagnolo…. e loro, loro che fanno capolino ad ogni pensiero portando con sé un concentrato di dubbi, domande, pensieri e fantasie che ci hanno accompagnato per mesi. Dopodomani li incontriamo davvero?! Dal vivo?!
Il tempo in questo periodo non è passato lentamente, anzi direi che i giorni sono andati avanti decisi, ma allo stesso tempo sembrano passati eoni anche dagli eventi più vicini: l’ambasciata Colombiana era solo settimana scorsa, eppure sembra un anno. L’incontro di giovedì scorso alle Radici e le Ali… idem.
Anche il nostro stato emotivo è particolare, strano, non siamo nervosi, ma, in mancanza di termini migliori, direi che siamo emotivamente stressati o qualcosa del genere.
E intanto l’incontro si avvicina…