Oggi Juan ci ha chiesto: “quando vado a scuola?” e noi: “be’, quando sarà il momento, prima magari impari un po’ di italiano…”. Forse non è stata la risposta migliore, ma questo è un difetto comune delle improvvisazioni. Lui si è scurito, intristito ed è rimasto zitto e corrucciato. Voleva andare subito? Non voleva andare? L’idea che prima deve imparare un po’ di italiano gli è sembrata un ostacolo insormontabile? Dopo una decina di minuti gli è passata, senza nessuna risposta. Abituati con il passaporto in un’ora ed il visto in un giorno ci siamo scontrati con la burocrazia italiana. Obiettivo: il pediatra. Per avere il pediatra devi fare la residenza in comune, ma non puoi farla finchè non chiedi il codice fiscale. In comune assicurano, supportati anche da una pagina del sito del ministero delle finanze, che è sufficiente portare il passaporto dei bambini. Però ora è chiuso, bisogna aspettare domani. All’ufficio delle imposte invece dicono che è una dicitura un po’ generica e che servono tutta una serie di documenti che fortunatamente abbiamo. Dicono anche che in realtà ci stanno facendo un favore perchè avrebbero bisogno del documento rilasciato dal tribunale italiano che dice che la sentenza colombiana di adozione è valida.
Torniamo in comune con il codice fiscale, ma non c’è più la persona con cui abbiamo parlato ieri. La nuova impiegata chiede i codici fiscali e poi inizia domande e accertamenti e ci tiene una buona ora per poi alla fine non fare nulla di più se non fissarci la visita dei vigili per la verifica della residenza.
Purtroppo adesso è tardi e l’ufficio ASL è chiuso. Però non possiamo tornare domani: il pediatra si può scegliere solo tre giorni alla settimana. A dopodomani.
In tribunale a Milano le cose non vanno meglio. Al primo incontro mi richiedono una serie di fotocopie che non sono presenti nella busta che mi ha dato il buon assistente di Pilar in Colombia. Ci mancherebbe altro, ma visto che sono tutte copie della documentazione che già consegno, non potrebbero farle loro? No.
In Colombia, tra l’altro, tutti i tribunali hanno una saletta dove, a pagamento, si possono fare fotocopie, comprare cartelline, buste, insomma tutte le cose di cui si può avere bisogno li al momento. A Milano non mi sanno nemmeno indicare dove posso andare a farle le fotocopie.
Torno dopo mezz’ora abbondante con 7€ in meno (!) e consegno tutto all’impiegata. Quando verrà pronto il documento (che deve dire semplicemente: “la sentenza colombiana è valida anche in Italia”)? “Tra qualche mese”.
Per fortuna per avere un pediatra abbiamo impiegato solo una settimana.