Non saprei dire se quest’anno sia volato o se sia passato con una lentezza esasperante. Quello di cui sono certo è che quest’anno è stato intenso ed è passato.Ripensare all’anno scorso come in un count-down – ecco un anno fa oggi preparavamo le valige, un anno fa oggi era la vigilia della partenza, un anno fa oggi a quest’ora eravamo in volo – ha un certo effetto. E come ricordare il momento del nostro cambiamento di vita, come se ci stessimo trasformando nelle persone che siamo oggi, distanti, molto distanti, da quelle che eravamo prima di un anno fa, eppure le stesse, proprio le stesse.
E poi, scegliendo le foto per l’album da regalare ai nonni, abbiamo ripercorso il momento emozionante dell’incontro, la difficoltà di quei giorni a Medellin, il primo respiro a Bogotà, e poi tutta la strada fatta in quest’anno.
Non siamo ancora al punto “un giorno ripenseremo ad oggi e rideremo”, perchè l’inizio è stato come essere investiti da un TIR lanciato a folle velocità con il preciso intento di raderci al suolo, ma il tempo (e soprattutto quello che è successo dopo, durante l’anno trascorso) ha iniziato ad avere il suo effetto lenitivo.
Nei forum spesso leggiamo di storie idialliache, dove tutto fila liscio, come se figli e genitori si fossero conosciuti da sempre, dove c’è qualche capriccetto, sì, ma tutto è bello e roseo, delicato e tranquillo come nei cartoni animati per bambine. Forse anche per questo, l’impatto con il nostro TIR, guidato dal dinamico duo Juan e Mariana, è stato violento. Questa famiglia, artificiale, nel senso che ce la stiamo costruendo pezzo per pezzo, e in contrapposizione alla famiglia naturale, dove molte cose sono scontate e ovvie, l’abbiamo sudata, pianta, urlata, afferrata con disperazione, traendo forza ed energia da noi e da quelle scintille che ci facevano intuire quanto, prima o poi, sarebbe stato bello lo stare insieme.
E sono sicuro che questo sentimento è reciproco per i nostri figli, sbalzati in un mondo alieno, con due alieni che avevano la pretesa di dir loro cosa fare e cosa non fare, cosa mangiare e cosa non mangiare, come comportarsi per la strada per giunta in una lingua straniera. Con le difficoltà che derivano dalla loro storia e quindi dall’aver conosciuto un certo tipo di mamma (e forse un certo tipo di papà) che di mamma (e papà) purtroppo avevano poco nei termini con cui pensiamo comunemente.
Senza contare le difficoltà di cambiare e abbandonare la relativa sicurezza e stabilità della famiglia affidataria.
Certo un anno dopo, e con un certo distacco, riesco anche ad essere più filosofo. Ma probabilmente è grazie a tutto questo che quando vediamo dei segni di benessere nei nostri figli, quando guardiamo agli incredibili progressi, quando vediamo quello che riescono a fare oggi, considerata la loro storia, siamo i genitori più felici di questa terra.
Un anno che vale la pena di festeggiare, così, incuranti del tempo minaccioso, dopo una spettacolare recita di fine anno scuolamaternastico di Mariana, siamo andati a Montegrino proprio in tempo per prendere le prime gocce.
Viste le passate esperienze festive eravamo un po’ timorosi, invece Juan e Mariana hanno fatto festa, un po’ in casa davanti al camino, un po’ fuori correndo sotto la pioggia, facendo il conto alla rovescia nell’attesa delle 17:00 (ora presunta dell’incontro) e mangiando la torta… Be’ in effetti Mariana in questo periodo è un po’ agitata e quindi ha saltato il dolce, ma per il resto si è sicuramente divertita anche lei.
Tornando a casa il tempo non accennava a migliorare, così, nonostante fosse il 6 giugno, abbiamo chiuso la giornata con una cena a base di polenta!
PS. Per le coppie che hanno deciso di intraprendere questa strada: se pensate che dall’incontro con il/i vostro/i figlio/i psicologi e assistenti sociali abbiano finito di rivoltarvi come calzini… be’ sbagliato, ma non preoccupatevi, ad un certo punto ci farete l’abitudine.
Ed eccoci qui, dietro alla torta (che non si vede, ma è buonissima), sorridenti come pasque, mentre fuori tuona il temporale e l’acqua cade a secchiate. |