Multinazionale con sede all’estero chiude centro di eccellenza di ricerca o produzione sul territorio italiano. Oggi è Procter&Gamble poco fa era Motorola a Torino, ma ci sono tanti casi che non raggiungono la cronaca… ad esempio UbiSoft a Milano. Probabilmente non si può fare niente per evitarlo e non escludo che sia anche giusto così. Ma questi eventi non sarebbero dei problemi, al contrario sarebbero delle opportunità, se la realtà industriale italiana desiderasse investire nei cervelli o negli impianti produttivi.
In questo caso la P&G si è presa la briga di organizzare e formare un centro di ricerca: un’organizzazione completa e strutturata che funziona, tanto da ricevere premi e riconoscimenti. Un investitore italiano avrebbe un enorme vantaggio economico a rilevare l’intera struttura. E’ vero che la P&G offrirà il trasferimento all’estero alle risorse che reputa migliori, ma dubito che chi lavora in Italia oggi muoia dalla voglia (o comunque abbia la possibilità) di trasferirsi all’estero.
Si noti anche che il centro non viene trasferito in Cina, India o in una delle economie emergenti, ma in Belgio, quindi sicuramente il costo del lavoro non influenza questa decisione.
Il problema quindi ritorna quello di avere investimenti industriali nel terziario avanzato e di crederci a livello imprenditoriale e politico. L’unica strada per uscire dalla crisi senza tornare ad un medio evo di vassalli, valvassini, valvassori e ius primae noctis è puntare sui settori tecnologicamente avanzati, sulla ricerca, sull’eccellenza.