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6 giugno – Un Anno.

Non saprei dire se quest’anno sia volato o se sia passato con una lentezza esasperante. Quello di cui sono certo è che quest’anno è stato intenso ed è passato.Ripensare all’anno scorso come in un count-down – ecco un anno fa oggi preparavamo le valige, un anno fa oggi era la vigilia della partenza, un anno fa oggi a quest’ora eravamo in volo – ha un certo effetto. E come ricordare il momento del nostro cambiamento di vita, come se ci stessimo trasformando nelle persone che siamo oggi, distanti, molto distanti, da quelle che eravamo prima di un anno fa, eppure le stesse, proprio le stesse.
E poi, scegliendo le foto per l’album da regalare ai nonni, abbiamo ripercorso il momento emozionante dell’incontro, la difficoltà di quei giorni a Medellin, il primo respiro a Bogotà, e poi tutta la strada fatta in quest’anno.
Non siamo ancora al punto “un giorno ripenseremo ad oggi e rideremo”, perchè l’inizio è stato come essere investiti da un TIR lanciato a folle velocità con il preciso intento di raderci al suolo, ma il tempo (e soprattutto quello che è successo dopo, durante l’anno trascorso) ha iniziato ad avere il suo effetto lenitivo.
Nei forum spesso leggiamo di storie idialliache, dove tutto fila liscio, come se figli e genitori si fossero conosciuti da sempre, dove c’è qualche capriccetto, sì, ma tutto è bello e roseo, delicato e tranquillo come nei cartoni animati per bambine. Forse anche per questo, l’impatto con il nostro TIR, guidato dal dinamico duo Juan e Mariana, è stato violento. Questa famiglia, artificiale, nel senso che ce la stiamo costruendo pezzo per pezzo, e in contrapposizione alla famiglia naturale, dove molte cose sono scontate e ovvie, l’abbiamo sudata, pianta, urlata, afferrata con disperazione, traendo forza ed energia da noi e da quelle scintille che ci facevano intuire quanto, prima o poi, sarebbe stato bello lo stare insieme.
E sono sicuro che questo sentimento è reciproco per i nostri figli, sbalzati in un mondo alieno, con due alieni che avevano la pretesa di dir loro cosa fare e cosa non fare, cosa mangiare e cosa non mangiare, come comportarsi per la strada per giunta in una lingua straniera. Con le difficoltà che derivano dalla loro storia e quindi dall’aver conosciuto un certo tipo di mamma (e forse un certo tipo di papà) che di mamma (e papà) purtroppo avevano poco nei termini con cui pensiamo comunemente.
Senza contare le difficoltà di cambiare e abbandonare la relativa sicurezza e stabilità della famiglia affidataria.
Certo un anno dopo, e con un certo distacco, riesco anche ad essere più filosofo. Ma probabilmente è grazie a tutto questo che quando vediamo dei segni di benessere nei nostri figli, quando guardiamo agli incredibili progressi, quando vediamo quello che riescono a fare oggi, considerata la loro storia, siamo i genitori più felici di questa terra.
Un anno che vale la pena di festeggiare, così, incuranti del tempo minaccioso, dopo una spettacolare recita di fine anno scuolamaternastico di Mariana, siamo andati a Montegrino proprio in tempo per prendere le prime gocce.
Viste le passate esperienze festive eravamo un po’ timorosi, invece Juan e Mariana hanno fatto festa, un po’ in casa davanti al camino, un po’ fuori correndo sotto la pioggia, facendo il conto alla rovescia nell’attesa delle 17:00 (ora presunta dell’incontro) e mangiando la torta… Be’ in effetti Mariana in questo periodo è un po’ agitata e quindi ha saltato il dolce, ma per il resto si è sicuramente divertita anche lei.
Tornando a casa il tempo non accennava a migliorare, così, nonostante fosse il 6 giugno, abbiamo chiuso la giornata con una cena a base di polenta!

PS. Per le coppie che hanno deciso di intraprendere questa strada: se pensate che dall’incontro con il/i vostro/i figlio/i psicologi e assistenti sociali abbiano finito di rivoltarvi come calzini… be’ sbagliato, ma non preoccupatevi, ad un certo punto ci farete l’abitudine.

Ed eccoci qui, dietro alla torta (che non si vede, ma è buonissima), sorridenti come pasque, mentre fuori tuona il temporale e l’acqua cade a secchiate.

Alla mamma

Per la festa della Mamma, Mariana ha studiato una poesia alla scuola materna. Da allora, praticamente ogni giorno la recita a memoria alla mamma:

Alla mamma.

Mamma, tu sei per me
la più bella del mondo!
Ti offro questo regalo
carico d’affetto!
Oggi è la tua festa,
ti dò un bacio e un cuore:
grazie, mamma, per il tuo
immenso amore.

Buona Festa!

Assemblea soci 2009

Noiosi. Se un aggettivo può definire questi trecento km di asfalto rettilineo che uniscono Milano a Bologna nel cammino più breve, è proprio “noiosi”. Li percorriamo tra poco traffico, un km dopo l’altro con una monotonia crescente1. Certo anche Juan e Mariana che chiedono a ripetizione quando siamo arrivati e quanto manca non aiutano molto. Mariana si addormenta sempre in macchina, anche per i pochi minuti di strada che separano la nostra casa dal supermercato, ma non per i viaggi più lunghi. E’ tutto così monotono che quasi perdiamo l’uscita per il mare e rischiamo di ritrovarci a Firenze senza sapere come.
Finalmente Mariana si addormenta quando ormai siamo quasi arrivati.
Per quanto le indicazioni scaricate da internet siano complete e dettagliate, troviamo sempre il modo di perderci intorno alla nostra destinazione. Così, anche questa volta prendiamo un’uscita diversa da quella prevista da Google e ci ritroviamo su una strada che va da un’altra parte tra i campi e le lagune. Ma non è questo che può fermarci, così alle 18:00 raggiungiamo il complesso dell’Hotel Dante, 18 stelle categoria superiore, Centro Congressi, Conferenze, Assemblee, Meeting e chi più ne ha più ne metta.
E l’atmosfera pure, ci sono soci CIAI ovunque, si riconoscono per i colori, i sorrisi e la calda cordialità che un po’ stonano con il numero astronomico di stelle e il facchino in livrea verde che è appena entrato.
Dopo aver lasciato la macchina e scaricato le poche borse ci registriamo alla reception e attraversiamo praterie sconfinate di Hall, corridoi lunghi come il grand canyon e uno stadio che ospita il bar. Infine arriviamo alla nostra camera dove c’è … il letto a castello. Chiuse velocemente le diatribe su chi deve dormire sopra e chi sotto (per fortuna io e Ale abbiamo il letto matrimoniale e nessuna voglia di dormire nel letto a castello) ci cambiamo e, affacciandoci alla finestra vediamo… IL MARE!!! Proprio qui di fianco, appena attraversata la strada. Juan e Mariana (e anche Ale) non stanno più nella pelle, dobbiamo andare subito a vedere da vicino questa cosa strana e nuova.
I nostri figli non sono mai stati al mare, hanno visto qualche lago e laghetto, ma il mare mai. C’è un po’ di vento sulla spiaggia, ma il sole è ancora alto nel cielo. Guarda la sabbia! Le conchiglie sulla sabbia! Via le scarpe e le ultime decine di metri vengono attraversate di corsa. Tenendosi i pantaloni, saltellando, ridacchiando, guardando stupiti le onde che arrivano e che ritornano verso il mare Juan e Mariana danzano sul bagnasciuga passi buffi e incongruenti. Sarà anche l’effetto dei lunghi riccioli, ma guardando Mariana che cammina con andatura traballante e disorganizzata, mentre si tiene su i pantaloni, ci sembra di vedere il capitano Jack Sparrow nelle sue rocambolesche avventure2.
Il vento soffia più insistente sui nuovi problemi: i piedi bagnati e pieni di sabbia, le scarpe che “dove le avevo lasciate?” E ci spinge a ritornare verso l’albergo (anche se chiamarlo così è un po’ riduttivo).
Dopo le docce scendiamo nello stadio e troviamo amici e vecchie conoscenze con cui ci avviamo alla cena. Il locale dove mangiamo ha proporzioni adeguate al resto della struttura, affollato di tavoli da 10 coperti è chiuso da un lato da i banchi del buffet… Ma la cosa più stupenda è il buffet dei dolci: 10m di tavolo centrale ricoperto da ogni tipo di torte e dolci al cucchiaio.
E’ difficile resistere al potere del “All you can eat”, per fortuna viene in aiuto la Regola di Miss Piggy (si, quella del Muppet Show): “Mai mangiare più di quanto tu riesca a sollevare”.
Mentre gli adulti finiscono la cena, i bambini volano fuori a giocare con gli altri bambini. Siamo abbastanza tranquilli: l’ambiente è controllato e pieno di genitori. Cosa può succedere?
Uscendo dalla sala da pranzo vediamo Juan che cerca di giocare con un gruppo di ragazzi più grandi, i quali non se lo filano molto. Cerchiamo invano di convincerlo a giocare con gli altri bambini della sua età. Per fortuna quando il gruppo inizia a giocare a pallone (d’altra parte non è colpa loro se questo bar somiglia ad uno stadio) pericolosamente vicino a lampadari e complementi di arredo il cui valore supera di qualche ordine di grandezza gli averi complessivi dei nostri parenti fino al 4° grado, Juan si stacca.

Il giorno dell’inizio dei lavori ci svegliamo di buon’ora e la colazione conferma le attitudini dell’hotel rispetto ai pranzi. Unico appunto: il cappuccino. Con 18 stelle mi sarei aspettato un vero cappuccino fatto dal decano dei baristi assistito dal primo vaporiere della riviera romagnola a una macchina del caffè piena di manometri di ottone e manopole cromate. Invece è una macchina automatica, di quelle che si possono trovare negli uffici… il cappuccino è discreto, ma tocca rifarci con i croissant, il muesli, lo yogurt (sublime) e le fette di torta.
Mentre i bambini si aggregano agli animatori, noi genitori andiamo all’assemblea. La presidentessa del CIAI è una donna brizzolata dai modi decisi e dai toni perentori. Per dirla alla Terry Pratchett, in altri tempi, la sua voce avrebbe mosso eserciti, i suoi comandi avrebbero fatto correre pacifici contadini all’assalto del nemico. Comunque inizia la relazione annuale. Cosa è andato bene, cosa male, cosa stiamo facendo, dove stiamo andando, chi siamo e da dove veniamo. Sentire questa relazione ci riempie di orgoglio, ci ribadisce, qualora ne dovessimo avere bisogno, che abbiamo fatto la scelta giusta. In ogni lettera, in ogni segno di punteggiatura della relazione è evidente che il motore primo che guida l’associazione è l’interesse e il benessere del bambino, direttamente e indirettamente. Possiamo dormire tra quattro guanciali che per nessun bambino adottato col CIAI ci sarà mai una mamma (o un papà) disperata perchè ha lasciato andare suo figlio convinta da false promesse.
E colpisce il fatto che il CIAI non lavora sulle emergenze nei paesi in via di sviluppo, ignorando facili campagne che possono portare molti soldi alle casse della ONLUS sfruttando l’emotività del momento. L’associazione in cui ci riconosciamo lavora solo per presenze di lungo periodo nei paesi lontani. Ma non solo. Il CIAI è impegnato anche a Milano, nelle aree più difficili, seguendo il difficile percorso degli adolescenti e dei figli di immigrati. Mi ha sorpreso (negativamente) sapere che i figli di immigrati dopo il compimento del 18° anno di età hanno solo 6 mesi per trovare un lavoro a tempo indeterminato altrimenti sono rimpatriati. A nulla servono sponsor che si impegnino nel mantenimento di questi ragazzi per continuare gli studi, 18 anni, 6 mesi e il giorno dopo arrivano i carabinieri.
Arriva anche il momento della lettura e approvazione del bilancio, la sala si svuota, ma io rimango. Non ci capisco niente di bilanci, ma i numeri mi sono sempre piaciuti. Tra le poche cose capisco che c’è una società che esegue la revisione e il controllo del bilancio, certificando l’attività, che il nostro bilancio rientra nei parametri richiesti per una ONLUS etica e morale e che anzi questa società ha proposto, per l’anno prossimo, un passo ulteriore per la certificazione.
Approvato anche il bilancio all’unanimità, l’assemblea si scioglie e si può andare a soddisfare quel certo languorino che, vista l’ora, è condiviso dai più.

Nel pomeriggio Juan e Mariana non vogliono partecipare all’animazione, anche se sembra che prepareranno uno spettacolo per questa sera. Andiamo quindi sulla spiaggia, ma c’è un gran vento. I bambini vogliono giocare, ma non sono molto convinti, cercano di andare nei giochi (scivoli, altalene e casette) che più o meno ogni bagno mette a disposizione dei propri clienti. E questo ci sembra un peccato: questi giochi li troviamo anche sotto casa a Castellanza, mentre adesso qui c’è la spiaggia e il mare. Inoltre il fatto di non voler andare con gli altri bambini e gli animatori ci sembra più una presa di posizione (per chissà quale motivo, ma qui ci vorrebbe Sherlock Holmes, probabilmente con l’aiuto di Poiret, Nero Wolfe e la signora in giallo, per scoprirlo, visto che non parlano) che non una vera scelta di un’alternativa. E infatti, dopo un po’, quando il gruppo dell’animazione rientra in albergo, anche loro vogliono andare e partecipare (e questo sarà una fortuna).

Così io e Ale passiamo la seconda metà del pomeriggio rilassandoci su un lettino davanti alla piscina nel giardino dell’hotel. C’è una stupenda sensazione di comunità e… condivisione. Ci sono tantissime famiglie che non conosciamo, ma che sono come noi, che sanno, che hanno sperimentato, che capiscono profondamente questo nostro modo “speciale” di essere famiglia, dei problemi e delle fatiche che comporta.
L’altra cosa che ci colpisce è Ale a notarla: siamo in 384 (tra adulti, bambini di tutte le età e ragazzi), ma malgrado questo non si sente nessuno che sclera, che sfuria.

Dopo la solita sovrabbondante e gustosissima cena ci predisponiamo a vedere lo spettacolo dei bambini. Non vogliamo perderci nemmeno un minuto e quindi sgattaioliamo davanti al gruppo di ado-genitori fermi all’ingresso della sala conferenze. Appena è il momento entriamo di corsa, cosa che probabilmente non facevamo più dai tempi del cinema dell’oratorio e ci prendiamo i posti “migliori”.
Lo spettacolo è divertente e tenero al tempo stesso. I bambini indossano delle maschere da animali che hanno fatto loro e si esibiscono in vari numeri. Juan è un topolino che infastidisce gli elefanti. Mariana concentratissima, segue le direzioni dell’animatrice sui gesti da fare mentre, mascherata da giraffa, canta la canzone del cuoco pasticcione. Ci mette veramente l’anima! Gli animatori sono particolarmente provati, qualcuno probabilmente sta già cercando un nuovo lavoro come eremita o frate trappista. Lo spettacolo dei bambini si conclude con la canzone, vero tormentone degli ultimi anni, del coccodrillo3. Mariana è sempre concentratissima da far tenerezza, mentre Juan si divide tra il cantare la canzone, aiutare il suo amico P. a ballare e sorriderci a 42 denti. La serata è riuscitissima tra gli applausi scroscianti delle famiglie. Segue poi un’estrazione a premi dove i bambini si offrono come valletti per l’estrazione dei numeri.
Non vinciamo niente, ma è anche normale così visto che non crediamo nei miracoli e difficilmente avremmo potuto vincere non avendo comprato alcun biglietto.

Stanchi e soddisfatti ci ritiriamo nella nostra camera.

Il tempo che ci accoglie al risveglio non è tra i migliori… anzi. Il cielo è coperto, il mare che si scorge dalla finestra è grigio. Indecisi se incamminarci verso sud dove parecchio più avanti dovrebbe esserci una manifestazione internazionale di aquiloni o verso nord dove si trova il centro di Cervia, decidiamo per quest’ultima direzione. Non è eccessivamente distante e così almeno magari vediamo il porto con le barche che i bambini non hanno mai visto.
La temperatura non è molto primaverile, ma almeno non piove… e poi si sa, la fortuna aiuta gli audaci, si vive una volta sola e tutte le altre scemenze che si dicono in queste occasioni. Alla nostra destra si susseguono uno dopo l’altro, numerati, i bagni, alla nostra sinistra il vialone che corre lungo il mare. Ed eccoci al porticciolo, pieno di barche a vela e motoscafi di varie misure. Juan e Mariana guardano incuriositi anche se non particolarmente entusiasti. Il porto si trasforma in un canale (o un fiume) e per attraversarlo c’è un curioso traghetto (a pagamento).
Giriamo sui tacchi e iniziamo a ritornare. Proviamo a passare sulla spiaggia, ma il vento che arriva dal mare è forte e freddo e i nostri k-way fanno fatica a ripararci… anzi non ci riparano molto e così torniamo sulla camminata.
L’hotel Dante ci appare in tutto il suo sedicinoni-cinemascope-sco splendore con tanto di dolby surround 11+1, ma è ancora presto… e poi non piove … ancora. Proseguiamo verso sud. Cammina cammina, Mariana si diverte a fare finta di preparaci dei panini, servendoci all’ingresso di ogni bagno. Juan presto si unisce al gioco e i due si sfidano in una gara immaginaria a chi prepara il panino più delizioso. Quando ci sentiamo immaginariamente, ma indecorosamente satolli, arriviamo ad una graziosa pinetina che sorge su banchi di dune e piena di Boyscout. Ma perchè i boyscout vanno sempre in giro in pantaloncini corti? Anche con questo tempo che ci fanno venire freddo solo a vederli?
Lasciamo i boy scout e i loro misteri e ritorniamo verso l’hotel del Sommo. Il tempo intanto non accenna a migliorare e si avvicina sempre di più l’orario del pranzo.

Arriviamo che il pranzo è già iniziato e questo è un po’ un problema visto che la sala è piena e fatichiamo a trovare quattro posti tutti sullo stesso tavolo. L’atmosfera è sempre conviviale e sempre si trovano amici con cui è facile e interessante parlare.

Quando lasciamo satolli la sala da pranzo lo spettacolo che vediamo attraverso i vetri del cortile è una doccia fredda. In tutti i sensi: piove a catinelle, come se dovesse dimostrare che potrebbe andare peggio: potrebbe piovere! E l’acqua lava via i nostri progetti per un pomeriggio ad ammirare il volo semplice, ma imponente degli aquiloni.
Il grande stadio si svuota sempre di più del gioioso chiacchiericcio dei genitori e dell’animato caos dei figli, fino a che, una dopo l’altra tutte le famiglie si accomiatano e partono per la loro casa. Ma alla fine vogliamo fare la nostra parte da orchestrina del Titanic (che, vista l’acqua torrenziale è anche a tema) e lasciamo l’albergo, vuoto e desolato in tutte e 18 le sue stelle con bacio accademico come solo vuoto e triste può esserlo un albergo al mare di inverno.

Ehi! Ma questa cosa è tutta bagnata e non sta nemmeno ferma!!
Uno dei pochi aquiloni che siamo riusciti a vedere
Il capitano Jack Sparrow… anche nell’espressione c’è qualcosa…
Un po’ di meritato riposo… soli.
Ecco un topino e una giraffa… sospettosamente simili alle nostre teppe.

1. Allontandosi da Milano la serie è monotona crescente anche per i matematici.
2. Dopotutto i Caraibi, teatro delle avventure del capitano, non sono così lontani dalla Colombia.
3. “Il coccodrillo come fa?” ma dico io vogliamo parlarne? C’è qualcuno che sa come fa la giraffa o il koala?

foto di primavera

E’ primavera, finalmente l’acqua che stava nel cielo ha smesso di caderci sulle teste, e così possiamo iniziare a passare qualche giornata, qualche pomeriggio all’aperto.
I week end sono sempre più sereni della settimana, sarà che siamo in quattro…

A casa del nostro amico Lear e sua moglie Mariangela e (quasi) del loro mini-bimbo-in-arrivo Riccardo.
Juan e Mariana si sono innamorati dell’amaca.
Una tranquilla domenica al parco di Legnano.
Per quanto belli i parchi cittadini sono sempre un po’ artificiali, e così eccoci a Montegrino (o “Little Green Mountain” che dir si voglia).
Come si può vedere il verde è tutto un altro verde!

Cabarettisti si nasce?

Ecco alcune battute di Mariana:
“Lo sai che la Bea sa contare fino a 10 e io le ho insegnato a contare fino a 11?”

Mamma: “I cugini sono a Venezia con la scuola”
Mariana: “Nooo, la scuola non ha le gambe!”

Mamma: “Cosa vuoi fare da grande?”
Mariana: “La fata di Cenerentola”

(imitando una sirena) “ni-noo, ni-noo, ni-noo, sai cos’è? Un bambino che gioca alla polizia”.

“Oggi ho temperato la mano destra di rosso e quella sinistra di blu” (per dire che ha colorato con la tempera le mani).

Pasqua e dintorni

Prima di Pasqua torniamo alla fattoria Pasquè. Il gelato non ci convince molto, ma Juan e Mariana si divertono sui giochi.
Qui siamo già a Tornolo per le vacanze. Immersi nella tranquillità e nel verde (se non fosse per il tempo variabile, sarebbe perfetto).
Ecco il risultato della ricerca dei sassi più piccolissimi.
Juan ha appena imparato a lanciare i sassi facendoli rimbalzare sull’acqua… e questo quanti salti farà?
Ecco Mariana che esce dalla carta insieme all’uovo!
E l’ultimo giorno sono anche venuti a trovarci i cugini!
Alcune delle lumache salvate dalla strada (e soprattutto dai mangia-lumache-a-ufo)

Transistors in 1925

Thanks to this makezine video I just discovered that the transistor dates back to around 1925 by an Austrian-Hungarian physicist named Julius Edgar Lilienfeld (see also the PS section in this page). What strikes me is that the transistor effect was discovered around 20 years in advance to the “official” discovered at Bell Labs, but it wasn’t developed because no large company was supporting it. Just a single man, with not enough resources, trying to convince electronic industry (i.e. vacuum tube manufacturers, at those times) that he was on something worth.
I wonder how many pioneers were dismissed to protect industry interests or just for lack of good will by industry managers. Would have they been supported, where the human kind would be today?

Se non puoi essere…

Se non puoi essere un pino sul monte sii una canna nella valle;
se non puoi essere albero
sii un cespuglio
ma sii la migliore canna sulla sponda del ruscello,
il migliore piccolo cespuglio nella valle.
Se non puoi essere autostrada
sii un sentiero;
se non puoi essere il sole
sii una piccola stella,
ma sii sempre il meglio di ciò che puoi essere.

[Martin Luther King]

Not your father’s Galactica

Today I finished watching season 4 of the new edition of Battlestar Galactica. I must say that the new edition is much more intriguing and compelling than the old one. All childish, naive stuffings are gone, giving the show a more mature and real tone. All characters are well developed and strong feelings mix well with politics, life and military discipline. The entire show is based on characters depth rather than sci-fi or special effects. The battlestar scenario is closer to a WWII battleship than to a spaceship. (Beware of the spoiling). Yes the show is over, they find earth, but many questions rest unanswered – who wrote the ticket in the first season stating that there were 12 cylon models? Who is the last cylon? How Kara Thrace survived the accident and returned to Galactica? How does Baltar survived the nuclear explosion on Caprica (yer the one in the opening titles)? What’s the purpouse of the final five? Why they had to undergo all the tribulation against Cylons when they were Cylons themselves?
Nonetheless the show is great. It is orchestrated to produce interesting confrontations and strong feelings in the watcher. Just keep in mind that the target audience is not the same of the original series. This time BSG is intended for a mature public.

Escaped Brains Recall

I sympathize with Italians working in foreign countries. Also I have several friends that either by choice or necessity or both are now living and working far away from Italy. Also for a while, my wife and me seriously considered the option to relocate in Northern Europe.For this reason I am quite sensitive to the matter as one-who-would-have-loved-to-go-away-but-eventually-decided-to-stay could be.
I came across the Project for counter-exodus a while ago, I hoped it was a fade, but it came again and I find it upsetting.
The project consists in a law proposal for consistent tax deduction for Italians that after residing and working abroad at least for a couple of years decide to get back to Italy either as employee or entrepreneurs.
As many of Italian laws, this as well tries to solve a problem addressing (one of) the effects rather than cause. Italians go away from Italy for several reasons, most notably for widespread nepotism and patronage that locks out bright people from key roles in companies; for lack of advanced industries (videogaming just to name the one where my heart is); for low wages and then for a lot of minor facts ranging from pollution to politics.
I completely agree to facilitate the comeback of Italians so that all them could happily live where their families and most of their friends are. But this can be done by improving Italy for everyone, rather than grant special privileges to those who return. Why should I be penalized only because I didn’t escape? Just going to work in a foreign country is a sure grant of being a genius who deserves a special treatment? Why shouldn’t I deserve some sort of help in the nonsense jungle of setting up a company if I have a good idea with a sound business plan?
It is never too late to do the right thing and once in a while it would be nice if the problem would be solved the proper way once and for all.