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Al Parco

Il parco è molto educativo per gli aspiranti genitori. Oggi c’erano dei bambini e una mamma. La mamma: “Zuriana [il nome è di fantasia] è tua la carta li per terra?”. La bimba, come se niente fosse continua a giocare con gli amichetti. La mamma: “Raccogli la carta e buttala via!”. La bambina non se la fila, la mamma fa qualche passo verso la carta e a quel punto Zuriana le dice brusca: “Raccoglila te!”. E la mamma zitta, raccoglie la carta e la butta via. Poi a scuola le maestre si lamentano perchè i bambini non le ascoltano…

Mariana

Sicuramente per Mariana è un periodo di riflessioni, pensieri. Un momento in cui mettere a posto concetti, affetti e pezzi di una storia frammentata. Lo vediamo da quello che ci racconta dell’asilo: fanno un lavoro sull’alimentazione e lei ci parla del “papà-cuoco” – il mestolo vestito da burattino che la maestra usa per le spiegazioni, estratto dal contesto e riportato esclusivamente nel ruolo paterno. Questa è la settimana delle casette. Ben disegnate, colorate vivacemente: la nostra casetta è di fianco a quella dei nonni (per comodità anche nostra in effetti)… tutti i nonni senza distinzioni familiari. La prima cosa di cui ci parla sono i disegni che ha fatto per noi, il resto è uno sfondo sfuocato di cui viene riportato qualche confuso episodio solo in terza o quarta battuta.Segno dei tempi cambiati è anche il saluto alla mattina all’asilo. Mentre a gennaio Mariana si allontanava dalla mamma senza salutarla, adesso non solo la saluta, ma trova difficoltà a staccarsene, a lasciare andare: entra in classe e dopo poco ne riesce per riattaccarsi alla mamma (se non si è già defilata).
Finalmente chiede di essere vestita ed è tranquilla mentre la vestiamo (prima doveva scegliere tutto lei, non stava ferma perchè doveva finire tutto lei).
Probabilmente un po’ di pezzi cominciano ad incastrarsi perchè inizia a permettersi certi pensieri. Ha iniziato a disegnare tantissimo, colorando, imitando, creando, praticamente a casa passa la maggior parte del tempo con foglio e colori e questo, per i bambini, è sicuramente un modo per comunicare.
Negli ultimi giorni la comunicazione è diventata anche parola, magari non proprio apertamente come dotta disquisizione: arriva nei momenti in cui c’è meno tempo per parlarne, o magari non particolarmente appropriati, (mentre si lava i denti è successo un paio di volte). Come se non volesse che poi noi adulti, con la nostra logica e le nostre argomentazioni, indagassimo o muovessimo troppo le cose che per lei sono ancora un po’ tutte traballanti.
E così, dopo aver visto le prime puntate di Heidi (grazie Enrico) ha chiesto: “ma Heidi non ha la mamma?”. E Ale, che era con lei, ha risposto che probabilmente non l’aveva più, così Mariana ha detto: “che poverina! E’ così bello avere il papà e la mamma.”
“Eh si! tutti i bambini dovrebbero avere un papà e una mamma” – ha risposto Ale, e Mariana: “La mia mamma M. non mi ha voluta”.
Questo qualche giorno fa, mentre ieri mattina, sempre durante il lavaggio dei denti naturalmente (si, si, proprio con dentifricio e spazzolino in bocca) ha detto: “questa mamma mi piace di più”. Aperto e chiuso il discorso (mica sempre si può fare una dissertazione).

Dai Pippo alzati!

I collegamenti che fanno i nostri figli sono strani, indiretti, a volte sconclusionati (per un adulto), ma spesso sorprendenti. E le cose che passano, che si ricordano sono quelle che riusciamo a comunicare con le emozioni. Partendo da molto (ma molto lontano): “cos’è un essere vivente?”, “La Palestina è su un altro pianeta?”, Juan è arrivato ai nonni. Ci sono la nonna Carla, la nonna Rosa e il nonno Roso (abuelo Nando viene spesso ricordato così). Che sono mamme e papà miei e di Ale. E quindi quando Juan avrà dei figli, noi diventeremo i loro nonni.
Finchè Juan arriva al papà di Ale che non c’è più, dicendo: “e allora se c’era il tuo papà avrebbe chiamato Pippo me e Mariana”, ricollegandosi ad una cosa che Ale aveva detto mesi fa. Una sola volta e senza più tornare sull’argomento. E cioè che suo papà a volte la chiamava con il soprannome di Pippo.
E continua: “Anche tu, se vuoi, puoi chiamarmi Pippo. Domani mattina, quando mi svegli, mi dici – Dai Pippo alzati!”.
C’è un bisogno di famiglia, un desiderio di fare l’esperienza di figlio, di trovare i modi possibili per esserlo attingendo anche alle cose belle che raccontiamo noi, della nostra esperienza di figli.
E’ sorprendente come una cosa da cui è ormai passato qualche mese abbia lasciato questo segno positivo. Non sono i tormentoni che rimangono nella memoria, ma le emozioni. Ed è anche sorprendente il continuo lavorio di “sistemazione” delle parentele che si svolge dietro alle quinte per affiorare in cerca di conferme con i collegamenti più esotici.

Carnevale

Carnevale, coriandoli e stelle filanti. E mentre il coro intona ancora “sasuera, sasuera”, i ballerini di samba scompaiono a passo di danza nella luce dorata del tramonto.

Si chiama Zorro, è grande, grosso, tutto ner,
si chiama Zorro, con una mano ferma un tren.
Si chiama Zorro e i briganti vincerà…
Ed ecco Robin Hood, o, come veniva nominato agli esordi “Rubinud”
Scommetto che non avevate capito chi era.
Ohhh, i carri! Cioè, la sfilata dei carri di Busto Arsizio, mica bruscolini!
Zorro con “los cugini”: il principe di Persia e il crociato Ale.
Tattarattataratatatà, olè! (questo è l’Olè spagnolo che non c’entra nulla col latte francese).
Ehi, c’è un bruco nel giardino della nonna Carla.
Un feroce pirata dei Caraibi (o comunque di poco più a sud).
Comunque il premio per il miglior costume va a Gundam.
E per finire in bellezza una gustosa pizza.

Tre cose che mi hanno colpito

Di tutto quello di cui abbiamo parlato ieri nell’incontro al CIAI, tre cose in particolare mi hanno colpito. In realtà le cose che mi hanno colpito sono molte di più e alcune hanno colpito anche duramente, ma poche hanno la sintesi di queste che sto per scrivere. La prima cosa è che il rapporto genitore-figlio è l’unico tipo di rapporto che funziona bene quando è sbilanciato. In generale i rapporti tra amici, tra fidanzati, tra marito e moglie, tra colleghi, funzionano bene e a lungo quando sono bilanciati, quando si instaura uno scambio equo nei due sensi.
Il rapporto tra genitore e figlio è invece sbilanciato – sarebbe come dire che la nuova generazione ha credito illimitato nei confronti della precedente.
Vista da una diversa prospettiva il momento di chiedere è quando si è bambini, il momento di dare è quando si è adulti…
La seconda idea che mi ha colpito è, un po’ la traslitterazione della poesia che paragona i figli alle frecce e i genitori all’arco di Khalil Gibran . Cioè che lo scopo non è quello di tenere i figli, ma di farli andare, e loro possono andare solo se “fanno il pieno d’amore”. Se non sono amati abbastanza non riescono a staccarsi perchè… hanno ancora credito.
Infine, mi hanno colpito sono state queste (circa) testuali parole: “Si metta il cuore in pace, per i prossimi 15 anni, i suoi momenti di pace e di tranquillità saranno dalle 9:00 alle 18:00 dei giorni lavorativi”.

Bio / Ado + Family

In una famiglia biologica i figli assomigliano ai genitori e ne sono la loro prosecuzione genetica.
In una famiglia adottiva non c’è legame di sangue e spesso le differenze sono somatiche, etniche e di colore.
In una famiglia biologica non ci sono vuoti: tutti insieme, dalla nascita in poi.
In una famiglia adottiva la vita insieme, per i figli, comincia da un giorno che non è quello della nascita. I vuoti da colmare sono molti.

Una famiglia biologica nasce dall’incontro per amore di due persone, un uomo e una donna.
Una famiglia adottiva nasce dall’incontro di due persone, un uomo e una donna, e di questi con i loro figli, per amore.

Una famiglia biologica può formarsi per scelta responsabile di procreazione.
Una famiglia adottiva non si costituisce se non per una scelta responsabile dei genitori.

In una famiglia biologica i ruoli sono netti e definiti.
In una famiglia adottiva: chiariamoli insieme e inventiamoli giorno per giorno.

La cosa più ovvia in una famiglia biologica sono le radici.
La cosa più ovvia in una famiglia adottiva è l’accoglienza.

La cosa più difficile da dare ai figli, in una famiglia biologica, sono le ali.
La cosa più difficile da dare ai figli, in una famiglia adottiva, sono le radici.
Le ali, questi figli, le hanno già… è con queste che sono giunti a noi.

La cosa più necessaria, in una famiglia biologica, è l’amore.
La cosa più necessaria, in una famiglia adottiva, è l’amore.

Due donne

C’erano due donne che non si erano mai conosciute
una non la ricordi
l’altra la chiami mamma.
La prima ti ha dato la vita
la seconda ti ha insegnato a viverla.
La prima ti ha creato il bisogno d’amore
la seconda era lì per soddisfarlo.
Una ti ha dato la nazionalità
l’altra il nome.
Una il seme della crescita
l’altra uno scopo.
Una ti ha creato emozioni
l’altra ha calmato le tue paure.
Una ha visto il tuo primo sorriso
l’altra ha asciugato le tue lacrime.
Una ti ha lasciato,
era tutto quello che poteva fare.
L’altra pregava per un bambino
e il Signore l’ha condotta a te.
E ora mi chiedi la perenne domanda:
eredità o ambiente,
da chi sono plasmato?
Da nessuno dei due.
Solo da due diversi amori.
(Madre Teresa di Calcutta – trovato su In Attesa)

Il primo giorno di scuola… materna

Così come è arrivato il primo giorno di scuola per Juan, eccoci al “debutto in società” anche per Mariana: il primo giorno di scuola materna. Pronta di tutto punto e un po’ tesa per l’evento!
La mattina poi è andata bene, Mariana è uscita, contenta di rivedere la mamma, dopo un paio d’ore.
Ci ha raccontato che c’è una cucina blu e un carrello della spesa con la bandiera. Ha giocato con la cuginetta ed un altro bambino a preparare la colazione (“cos’hai fatto il latte?” “no, la salsiccia”). C’erano poi tre bambine che si chiamano Alice … come il nostro gatto. Ha anche smontato il presepe.
Infatti oggi pomeriggio era stanchissima per l’energia investita in questa nuova esperienza.

Natale e dintorni

Ecco Juan alla festa di Le Radici e le Ali, quando, dopo innumerevoli tentativi di farsi scegliere come aiutante del mago-giocoliere, finalmente è salito sul palco per un gioco di equilibrio.
Natale! “Apro piano perchè è una sorpresa!” (I croccantini per gatto in primo piano, sono il regalo di Juan e Mariana per la nostra gattina Alice
Il bue, l’asinello e … il gatto
Tra i primi regali scartati, quello del cuginetto Andrea.
Natale, tra influenza e mal di denti: Mariana non era proprio in formissima.
Tanti Auguri a te! Tanti Auguri a te! Per giunta sulla carta di Hello Kitty!!! Non so se mi spiego?! Oggi (26/12) Mariana compie 4 anni.
A casa degli zii, la scritta “Auguri” illuminava il soggiorno… e, visti i mal di denti e la febbre, questa è l’unica foto presentabile della giornata.
E finalmente le agognate vacanze invernali, sull’Alpe di Siusi. Ecco una delle prime discese in bob di Juan.
Mariana nella neve dopo aver bobbato.
Juan con il bob, mentre ci apprestiamo a raggiungere il rifugio Molignon (o Malchnechthutte).
“Scusate, ma dov’è la spiaggia?”
Puoi cercare di convincere tuo figlio a farsi fotografare insieme a te, ma non c’è modo di convincerlo a tenere gli occhi aperti se non vuole.
Come testimonia questa foto, Mariana ha veramente provato a sciare. E ha pure percorso un kilometro (in due ore) prima che noi ci arrendessimo alle sue rimostranze e proseguissimo a piedi con gli sci in mano… Sarà per l’anno prossimo.
Juan invece non ha tradito la sua inclinazione sportiva ed è riuscito (quasi) subito a dominare il nuovo mezzo di trasporto.
Mostri terrificanti all’ultimo dell’anno!!
Con i cuginetti verso il rifugio Zallinger
Si può dormire in questa posizione? Mariana si è fatta una mezz’ora di sonno così.