Dopo il grande successo del niantero e il tipanotero che in alcuni periodi dell’anno scolastico riescono a decuplicare il traffico verso il mio sito, torno sul tema scuola. Argomento: uomini primitivi e per la precisione Home Erectus (mica che i bambini si perdano qualche frammento di nozione). Vissuto, come ogni bambino che ha frequentato la 3a elementare dovrebbe sapere, in Europa e Asia (probabilmente anche Africa, ma il testo riesce a lasciare qualche dubbio).
L’illustratore del libro, probabilmente non sapendo bene come riempire quello spazietto che rimaneva di fianco al disegno del primitivo dedito a qualche non meglio precisata attività dei suoi tempi rocciosi, ha deciso di aggiungere una bella … pannocchia di granoturco!
Ma visto che i programmi scolastici italiani sono tra le cose più statiche dell’universo, i libri, a furia di revisioni, non dovrebbero essere degli esempi di correttezza quasi assoluta?
Scuola 2.0
Penso che mi si possa definire un entusiasta appassionato di computer ed elettronica, avendo iniziato ad usare i PC da quando ancora si chiamavano “home computer”. Ho passato però abbastanza tempo alla tastiera per raggiungere una certa obiettività la cui estrema sintesi con un po’ di esagerazione potrebbe essere riassunta dalla Quinta legge dell’inattendibilità: “Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto ci vuole un computer”. E’ con questo spirito critico che accolgo le roboanti e propagandistiche dichiarazioni sulla Scuola 2.0 (qualunque cosa questo voglia dire).
E da veterano del byte mi preoccupo – perchè la scuola che vedo e che sento è una scuola agonizzante che avrebbe bisogno di quegli investimenti per ristrutturazioni, materiali didattici (per non parlare della carta igienica), personale qualificato, ma che sicuramente non ha bisogno di ulteriori responsabilità e problemi che potrebbero verosimilmente darle il colpo di grazia.
Infatti quello che manca in tutti gli articoli che ho letto è un dato di realtà, iPad e PC non sono taumaturgici oggetti che con la sola presenza hanno il potere di trasformare legioni di studenti caproni e ignoranti in eleganti dottori dal QI a fondo scala. Ci sono vantaggi, sicuramente, ma ci sono anche dei costi indiretti e delle problematiche d’uso. Cose di cui non v’è menzione in alcun articolo.
Un esempio stupido stupido è che iPad e netbook hanno bisogno di energia, ve lo immaginate in una classe un povero docente che fa lezione con un terzo degli studenti che deve ricaricare l’aggeggio elettronico, magari tra prese volanti e prolunghe collegate ad un impianto elettrico fatiscente?
O sempre lo stesso docente che si trova con metà classe che naviga su facebook anzichè leggere Petrarca? O che deve aspettare qualche minuto perchè tutti abbiano finito di accendere il PC?
E chi si occuperà di aiutare gli studenti a configurare il dispositivo, a sistemarlo quando, inevitabilmente, perderà la configurazione o i dati saranno danneggiati? E quando si perderà o si romperà? Un libro di testo sopravvive tranquillamente ad un volo da una finestra del terzo piano (magari si squinterna un po’, ma rimane comunque utilizzabile per il suo scopo), non si può dire lo stesso di un iPad.
Si dirà che queste scelte favoriscono le famiglie abbassando i prezzi dei libri di testo. Può essere, ma non ho letto nulla, in questi articoli, riguardo alle reali differenze tra un libro elettronico e un libro cartaceo.
A meno che non si espressamente richiesto dal legislatore sul tema libri di testo, un editore può rendere l’e-book nominale (non potrà essere ri-venduto, prestato o stampato senza cadere nell’illecito), revocabile |è capitato con 1984 di Orwell ed Amazon], o con data di scadenza (mi dicono che alcuni libri di testo scadono dopo 3 anni).
Nessuno ha sollevato il dubbio che studiare su un LCD retroilluminato può dare problemi alla vista e alla concentrazione (già pericolosamente in bilico tra Petrarca e Facebook).
Anche ammesso e non concesso che questa sia la via da seguire per il futuro, perchè nessuno ha messo in discussione le scelte? Ad esempio i lettori eInk sarebbero sicuramente più adeguati. Android invece di iPad sarebbe più economico. OpenOffice e Linux invece di Microsoft sarebbero gratis.
E’ difficile non pensare che dietro a questi pomposi annunci ci sia un duplice intento che poco ha a che vedere con la reale innovazione dichiarata. Da una parte si strizza l’occhio ai ragazzi (prossimi elettori) con la promessa di un elettronico oggetto del desiderio e dall’altro si fanno gli interessi di Apple e Microsoft e qualche grosso produttore di portatili.
Non ultimo, ma non trascurabile, non ho visto nessuno affrontare il tema dell’impatto sociale di queste operazioni. Personalmente credo che i lavori in obsolescenza vadano lasciati andare senza tenerli artificialmente in vita a tutti i costi a spese dei contribuenti (anche se sono altresì convinto che, a spese dei contribuenti, gli addetti debbano essere aiutati a riqualificarsi, a cercare un nuovo impiego e sostenuti in questo periodo di transizione). La rivoluzione Scuola 2.0 impatterà sicuramente su tipografie, magazzini, trasporti e librerie e cartolerie; probabilmente ci si aspetta che la nuova generazione di geni creata a suon di iPad e eBook risolva questo problema (e tutti gli altri).
Un Tablet per ogni studente
Avevo già letto di questo progetto e lo avevo classificato come una boutade. Invece è successo davvero.In una scuola superiore privata a Saronno (ho queste informazioni di prima mano), il tablet è un iPad 2 che viene fornito in comodato d’uso ad ogni studente dietro il pagamento di 200€ al primo anno e 200€ al secondo anno. Per il terzo anno non è ancora definita la quota (indicativamente 100€) ed il dispositivo andrà restituito.
Sono molto perplesso su questa iniziativa. Innanzitutto non vedo perchè scegliere un dispositivo chiuso e costoso come l’iPad. Un Tablet Android generico, come si può vedere da una rapida ricerca, costa un quinto di un iPad. La scelta di uno di questi dispositivi permetterebbe un risparmio di 300-400€ a pezzo. Cifra non indifferente sia che arrivi dalle nostre tasche (tramite tasse e finanziamento statale) o che arrivi dalle nostre tasche (di genitori di studenti).
L’altra perplessità molto forte è lo studio su un tablet. L’immagine luminosa affatica gli occhi già stanchi, svogliati e distratti di uno studente. Faccio fatica io a leggere quello che mi interessa se è più lungo di qualche pagina. A questo punto sarebbe stato molto più sensata la scelta di un table tipo Kindle equipaggiato con display e-Ink. Un display e-Ink è assolutamente equivalente ad un foglio di carta, inoltre anche qui i prezzi sono decisamente inferiori (da 79€ a salire) rispetto al “gioiello” di Apple.
Certo rispetto ai libri tradizionali sembra esserci un risparmio del 30%, ma questo mi fa piacere solo a metà, visto che risparmio ed efficacia avrebbero potuto essere molto maggiori.
Perchè iPad quindi? L’impressione è che sia fatta una scelta se non conseguente a qualche accordo commerciale sottobanco, almeno “furbetta” che cerca di seguire una moda strizzando l’occhio agli studenti, ma priva di motivi tecnici o economici.
All Inclusive
“And for this promotion it’s 9€ per months, are you already a client? “Well, yes indeed, it’s maybe 15 years I am still client to the same mobile phone provider.”
“So, it’s 19€ to activate”
Gosh, no one mentioned that in the commercial aired on TVs… What if I would not have been a client?
“Then it would have been free”
…
Actually it seems it is worth to periodically change provider.
Varese
If you happen to drive by car in Varese (Italy) and you take a wrong turn, then you are forced to drive miles before getting any chance to turn back. That’s a criminal road system.
Per rinfrancar lo spirito… forse
Un po’ di satira…
Frattini sul vertice franco-tedesco: “Non sappiamo neanche di cosa hanno parlato“, e se fosse per questo che non ti hanno invitato?
Minetti: “Mai stata l’igienista dentale del premier“… questo lo avevamo già capito.
La cosa migliore sarebbe che il capo dello stato sciogliesse le camere… nell’acido.
Abbiamo i migliori politici che il denaro possa comprare (questa è di Twain, ma è troppo bella per non riportarla).
Gia che sono impegnato, segnalo questa iniziativa contro la legge sulla censura dei blog.
E infine faccio girare un messaggio che mi ha passato un collega, intitolato “Parabola Moderna”:
LA CRISI DEGLI ASINI
Un uomo in giacca e cravatta apparve un giorno in un villaggio.
In piedi su una cassetta della frutta, gridò a chi passava che avrebbe comprato a 100$ in contanti ogni asino che gli sarebbe stato offerto.
I contadini erano effettivamente un po’ sorpresi, ma il prezzo era alto e quelli che accettarono tornarono a casa con il portafoglio gonfio, felici come una pasqua.
L’uomo venne anche il giorno dopo e questa volta offrì 150$ per asino, e di nuovo tante persone gli vendettero i propri animali.
Il giorno seguente, offrì 300$ a quelli che non avevano ancora venduto gli ultimi asini del villaggio.
Vedendo che non ne rimaneva nessuno, annunciò che avrebbe comprato asini a 500$ la settimana successiva e se ne andò dal villaggio.
Il giorno dopo, affidò al suo socio il gregge che aveva appena acquistato e lo inviò nello stesso villaggio con l’ordine di vendere le bestie 400$ l’una.
Vedendo la possibilità di realizzare un utile di 100$, la settimana successiva tutti gli abitanti del villaggio acquistarono asini a quattro volte il prezzo al quale li avevano venduti e, per far ciò, si indebitarono con la banca.
Come era prevedibile, i due uomini d’affari andarono in vacanza in un paradiso fiscale con i soldi guadagnati e tutti gli abitanti del villaggio rimasero con asini senza valore e debiti fino a sopra i capelli.
Gli sfortunati provarono invano a vendere gli asini per rimborsare i prestiti. Il costo dell’asino era crollato. Gli animali furono sequestrati ed affittati ai loro precedenti proprietari dal banchiere.
Nonostante ciò il banchiere andò a piangere dal sindaco, spiegando che se non recuperava i propri fondi, sarebbe stato rovinato e avrebbe dovuto esigere il rimborso immediato di tutti i prestiti fatti al Comune.
Per evitare questo disastro, il sindaco, invece di dare i soldi agli abitanti del villaggio perché pagassero i propri debiti, diede i soldi al banchiere (che era, guarda caso, suo caro amico e primo assessore). Eppure quest’ultimo, dopo aver rimpinguato la tesoreria, non cancellò i debiti degli abitanti del villaggio nè quelli del Comune e così tutti continuarono a rimanere immersi nei debiti.
Vedendo il proprio disavanzo sul punto di essere declassato e preso alla gola dai tassi di interesse, il Comune chiese l’aiuto dei villaggi vicini, ma questi risposero che non avrebbero potuto aiutarlo in nessun modo poiché avevano vissuto la medesima disgrazia.
Su consiglio disinteressato del banchiere, tutti decisero di tagliare le spese: meno soldi per le scuole, per i servizi sociali, per le strade, per la sanità … Venne innalzata l’età di pensionamento e licenziati tanti dipendenti pubblici, abbassarono i salari e al contempo le tasse furono aumentate.
Dicevano che era inevitabile e promisero di moralizzare questo scandaloso commercio di asini.
Questa triste storia diventa più gustosa quando si scopre che il banchiere e i due truffatori sono fratelli e vivono insieme su un isola delle Bermuda, acquistata con il sudore della fronte. Noi li chiamiamo fratelli Mercato.
Molto generosamente, hanno promesso di finanziare la campagna elettorale del sindaco uscente.
Questa storia non è finita perché non sappiamo cosa fecero gli abitanti del villaggio.
E voi, cosa fareste al posto loro?…. Che cosa farete?
Se questa storia vi ricorda qualcosa, ritroviamoci tutti nelle strade delle nostre città e dei nostri villaggiSabato 15 ottobre 2011
Referendum
Il prossimo 12 e 13 giugno c’è un referendum che raggruppa tre quesiti su tre argomenti completamente differenti: nucleare, privatizzazione dell’acqua e legittimo impedimento.Penso di non scrivere niente di nuovo dicendo che secondo la legge italiana il referendum è abrogativo, quindi per cambiare bisogna votare SI, mentre se si vuole mantenere lo stato attuale bisogna votare NO. E non è una novità che lo strumento referendario premia il NO, perchè se non si raggiunge il quorum, (se non ricordo male la metà più uno degli aventi diritto al voto) il referendum viene considerato non-valido. In altre parole gli astenuti contano per il NO.
Scrivo questo post per due motivi: primo credo che siano quesiti importanti che meritano una risposta da parte del popolo italiano, secondo perchè mi risulta che l’argomento è piuttosto ignorato e confuso.
Nucleare, è vero che la legge è stata emendata e apparentemente può sembrare che non ci sia più necessità di questo referendum, ma, per stessa ammissione del nostro presidente del consiglio la legge è stata modificata per evitare il referendum e quindi per poter riproporre l’energia nucleare come parte del piano energetico italiano nel giro di un anno o due. Da quanto ho capito il quesito referendario dovrebbe comunque essere presente ed è dunque importante votarlo se si vuole continuare ad evitare la costruzione di centrali nucleari in Italia.
Privatizzazione acqua, sebbene meno considerato, questo quesito non è meno importante del primo – se di incidenti nucleari si muore, senz’acqua non si vive. Purtroppo in Italia il privato non funziona quando si tratta di appalti pubblici, come sarebbero quelli per gli acquedotti, si veda la puntata di report sull’acqua. Sembra che questo argomento sia tabù e non se ne possa parlare.
Legittimo impedimento se nel caso degli altri due quesiti l’interesse superiore della collettività è chiaro ed è solo da ribadire ai nostri rappresentanti, per questo quesito forse il dibattito è più aperto. La consulta si è già espressa in merito al legittimo impedimento, riducendone la portata prevista dal legislatore. Dal momento che sia tutti uguali davanti alla legge (lo dice la costituzione) o il legittimo impedimento vale per tutti o per nessuno – nessuno è più uguale degli altri. Senza contare che la legge italiana attuale è molto sbilanciata nella tutela dell’imputato anche a scapito della parte lesa, quindi forse non c’è bisogno di anche questo ulteriore meccanismo.
Pascal!
Einstein, Newton e Pascal giocano a nascondino. Einstein stà sotto e inizia a contare, mentre gli altri scienziati si nascondono: “Ein, zvai, drai, … Zen!”. Si gira e vede Newton immobile in piedi nel bel mezzo di un quadrato tracciato con il gesso sul pavimento.Un po’ sorpreso esclama “Newton!”. E Newton: “No! Pascal” “?” “Un Newton su metro quadro è un Pascal”.
(se non ti stai sbellicando dalle risa, non è grave, anzi probabilmente è molto più normale così :-)).
Agenda Digitale
Fino ad un paio di decenni fa poteva esserci ancora qualche dubbio, ma oggi ormai è chiaro che il futuro passa per il digitale. Che sia internet, che sia software, firmware, hardware, ormai è chiaro che, come in passato la ruota e la matematica, anche il digitale diventerà il compagno di viaggio dell’umanità per molto molto tempo.L’assenza di una visione o, più prosaicamente, di un programma (o agenda come la chiama l’iniziativa in questione) considerato questo periodo storico ed economico non è da incoscienti, è drammatico.
Per questi motivi segnalo l’iniziativa qui a lato, il cui obiettivo è raccogliere firme per chiedere alla politica un impegno in questo senso.
Il copione si ripete
Multinazionale con sede all’estero chiude centro di eccellenza di ricerca o produzione sul territorio italiano. Oggi è Procter&Gamble poco fa era Motorola a Torino, ma ci sono tanti casi che non raggiungono la cronaca… ad esempio UbiSoft a Milano. Probabilmente non si può fare niente per evitarlo e non escludo che sia anche giusto così. Ma questi eventi non sarebbero dei problemi, al contrario sarebbero delle opportunità, se la realtà industriale italiana desiderasse investire nei cervelli o negli impianti produttivi.
In questo caso la P&G si è presa la briga di organizzare e formare un centro di ricerca: un’organizzazione completa e strutturata che funziona, tanto da ricevere premi e riconoscimenti. Un investitore italiano avrebbe un enorme vantaggio economico a rilevare l’intera struttura. E’ vero che la P&G offrirà il trasferimento all’estero alle risorse che reputa migliori, ma dubito che chi lavora in Italia oggi muoia dalla voglia (o comunque abbia la possibilità) di trasferirsi all’estero.
Si noti anche che il centro non viene trasferito in Cina, India o in una delle economie emergenti, ma in Belgio, quindi sicuramente il costo del lavoro non influenza questa decisione.
Il problema quindi ritorna quello di avere investimenti industriali nel terziario avanzato e di crederci a livello imprenditoriale e politico. L’unica strada per uscire dalla crisi senza tornare ad un medio evo di vassalli, valvassini, valvassori e ius primae noctis è puntare sui settori tecnologicamente avanzati, sulla ricerca, sull’eccellenza.